Doppia Top Ten: i 20 dolci Italiani per festeggiare la Pasqua

Da Nord a Sud, l’Italia celebra la Pasqua con una straordinaria varietà di dolci tradizionali, ciascuno con la propria storia e sapore unico. In questo articolo, ti presentiamo una selezione speciale: 20 dolci pasquali che rappresentano il meglio della nostra tradizione culinaria.

Perché 20? Perché amiamo le Top Ten, ma questa volta abbiamo voluto raddoppiare il piacere! Le Top Ten sono uno dei punti di forza di Weekend Premium, e questa doppia classifica è un omaggio alla ricchezza e alla diversità dei dolci pasquali italiani.

Scopri con noi queste delizie, e se sei curioso di esplorare altre classifiche curiose, dai un’occhiata alle nostre Top Ten più lette, dai 10 animali più strani del pianeta, ai 10 vulcani più incredibili.

La colomba pasquale ha le sue origini nella pasticceria lombarda ed è ottenuta dalla fermentazione di una pasta acida, a cui si aggiungono canditi, mandorle e una glassa a base di albume, zucchero, granella di zucchero e mandorle, intere o a scaglie. Dalla Lombardia, poi, la colomba si è diffusa in tutta Italia. Ogni regione, tuttavia, ha la tradizione e i suoi dolci. Vediamo allora di tracciare…una dolce geografia pasquale!

Buona Pasqua…al Nord!

Cominciamo con la Valle d’Aosta, dove a Pasqua si prepara il Mecoulin, una versione regionale del panettone a base di farina, zucchero, uova e panna. Ha una lievitazione di 15 ore e viene infine cotto e glassato con un mix di acqua e miele. Si può gustare da solo, oppure guarnito o farcito con crema pasticcera, panna o cacao.

In Piemonte, invece, in tavola ci sono le ciambelle pasquali, preparate con un impasto di farina, burro, zucchero che dopo la lievitazione viene arricchito con anice, pinoli e limone. Dopo aver ricavato la forma delle ciambelle, i dolci vengono prima immersi nell’acqua bollente, poi cotti al forno, da cui escono profumate e fragranti. Da gustare con un bicchiere di spumanti.

Andiamo poi in Trentino Alto Adige, dove tra i dolci tradizionali troviamo la Corona Pasquale. Si tratta di un impasto di farina, zucchero, burro, uova, zucchero e latte, che viene impastato, intrecciato e disposto a corona. Dopo la cottura al forno, la corona viene abbellita con uova colorate o di cioccolato.

Se la Lombardia è la madre patria della Colomba, non è il solo dolce tradizionale legato alla Pasqua. Dalla zona del Lago di Como, infatti, la Resca, che si consuma la Domenica delle Palme. Questa elaborata focaccia dolce prevede ben tre impasti a base di acqua, farina e lievito a cui vengono aggiunti burro, uvetta e canditi. Dopo un’ulteriore lievitazione viene dato al dolce una forma arrotolata, si lascia lievitare un’ultima volta, poi la si cuoce nel forno. Si consuma così, oppure farcita con crema o cioccolato.

Spostandosi in Friuli Venezia Giulia, troviamo la Pinza pasquale, che dalla città di Trieste si è diffusa in tutta la regione. Anche qui la base è molto simile: si impastano farina, zucchero, burro, 6 uova e 2 albumi, poi si sottopone la Pinza a una doppia lievitazione e, prima di cuocerla al forno, si aggiunge un bicchierino di rum per aromatizzarla.

Andiamo poi in Veneto, dove il più antico dolce pasquale è la fugassa. Si prepara con farina, burro, zucchero e lievito, arricchiti con mandorle e vaniglia. Viene lasciato lievitare per molte ore, poi spennellato con albume d’uovo e cotto al forno.

In Emilia Romagna i dolci di Pasqua sono i più vari. In Romagna, per esempio, si prepara la Zambela, che può essere tradotto con “ciambella”, ma in realtà è una specie di pane dolce…senza buco! Si ottiene da un impasto di farina, lievito, uova, latte e strutto, che viene cotto e guarnito con granella di zucchero. Esistono diverse versioni con canditi, marmellata o miele. Si consuma intingendola nel latte o nel vino.

Il viaggio tra le regioni del Nord termina il Liguria, dove dalla provincia de La Spezia si sono diffusi in tutta la regione i Cavagnetti, ottenuti da un impasto di farina e lievito, a cui vengono aggiunti burro, zucchero e anice. Dopo aver lasciato lievitare la pasta, la si suddivide in piccole porzioni e si dà loro una forma a cestino. Una volta cotti, si dispone al suo interno un uovo colorato.

Dolce Pasqua…al Centro

Passiamo ora alle regioni del Centro. In Toscana si festeggia la Pasqua con la schiacciata, un dolce della tradizione povera, la cui ricetta tradizionale arriva dalla provincia di Pisa. Si prepara con la pasta di pane, a cui si aggiungono burro e zucchero. Si lascia lievitare, poi si aggiungono anche semi di anice bagnati nel succo d’arancia, scorze di limone, mezzo bicchiere di sambuca e un paio di cucchiaini di vin santo.

La tradizione pasquale nelle Marche è la Pizza pasquale, nata nella zona di Camerino e poi diffusasi in tutta la regione. Si prepara con la base di pasta di pane, a cui si aggiungono uova, zucchero e burro. Dopo la lievitazione, si mettono anche uvetta, canditi e un cucchiaio di maraschino. Una volta cotta, diventa una focaccia dolce molto morbida, che viene glassata con zucchero e albume montano a neve.

Dall’Umbria arriva sulle tavole di Pasqua il Torcolo, un ciambellone che si ottiene da un impasto di farina, uova, latte e zucchero, a cui vengono aggiunti uvetta, canditi, pinoli, anice e scorza di limone. Si può anche dare alla pasta un colorito rosato aggiungendo qualche cucchiaino di alchermes. Dopo averlo cotto in forno, si glassa con zucchero e albumi montati a neve e bastoncini colorati di zucchero.

Nel Lazio ogni provincia ha il suo dolce, ma alcuni sono diffusi in tutta la regione. Per esempio, in Ciociaria troviamo la pigna dolce, un pane a cui si aggiungono canditi, uvetta, vaniglia e un mix di spezie, soprattutto cannella e anice. In provincia di Viterbo, invece, si prepara la Pizza di Pasqua, a base di un impasto di pane, ma con molte uova, alta e soffice, che viene cotta nel forno a legna dopo essere stato messo a lievitare e rimpastato più volte per diversi giorni.

I dolci di Pasqua al Sud

Il nostro “dolce” viaggio continua tra le regioni del Sud. In Abruzzo, tra gli altri, si preparano i Cavalli e le Pupe, biscotti di pasta frolla a cui si possono aggiungere cacao e mandorle tritate. Al loro interno nascondono un uovo sodo. I biscotti venivano poi donati ai bambini: ai maschietti il cavalluccio, alle bambine la bambolina. Un altro squisito dessert di Pasqua sono i fiadoni, ravioli dolci ripieni di miele e ricotta, di cui esiste anche una versione salata.

In Molise si consuma invece la Treccia dolce, che si prepara con un impasto di farina e uova. Si lascia lievitare, poi si impasta una seconda volta con altre uova, burro, zucchero, olio e patate lesse schiacciate, per conferire una consistenza alta e soffice. Si aggiunge anche un cucchiaino di limoncello e scorza di limone per aromatizzare. La pasta viene poi composta in una lunga treccia e la si richiude a corona.

In Campania, il dolce di Pasqua per eccellenza è la celeberrima Pastiera. Ogni famiglia la prepara secondo la sua tradizione, ma, in genere, si parte da una base di pasta frolla preparata con lo strutto. Il ripieno di questa base di crostata viene preparato mescolando ricotta di mucca e di pecora, grano ammollato, scorza candita di cedro, acqua di fiori d’arancio, cannella, scorzette di arancio, limone e vaniglia. Alcuni aggiungono anche una conserva dolce alla zucca. La preparazione è lunga e laboriosa, ma il risultato è davvero sublime.

Andiamo quindi in Basilicata, dove a Pasqua il pasto si conclude con le pannarelle, cestini di pasta dolce intrecciata e chiusa a cerchio, che vengono poi riempite con uova di cioccolato e altre dolci, per la gioia dei bambini.

Assai simili sono le scarcelle che si gustano in Puglia, ottenute da una frolla a base di farina, zucchero, uova, olio, latte e scorza di limone a cui vengono date le forme più varie. Vengono sempre accompagnate da un uovo sodo.

Andiamo poi in Calabria, dove, tra i dolci di Pasqua, troviamo le pitte con niepita, favolosi ravioli dolci cotti al forno e ripieni con marmellata, cannella, cacao, liquore e noci tritate.

I dolci delle Isole

Il nostro viaggio alla scoperta delle dolci tradizioni pasquali termine nelle isole. Il Sicilia si prepara lo zuccotto pasquale, un vero e proprio “monumento” dalla forma di uovo, per preparare il quale si ricorre a uno stampo apposito. Lo stampo viene poi ricoperto con pan di Spagna bagnato nel Grand Marnier, a cui si aggiunge un ripieno di cioccolato, panna e canditi. Il tutto viene poi ricoperto con glasse di diversi colori o marzapane decorato con zucchero colorato o gocce di cioccolato.

Ultima tappa la Sardegna, dove si preparano le pardulas, o casadinas, dolcetti a base di pasta sfoglia preparata con farina e burro. Per il ripieno, a base di formaggio, ci sono diverse versioni. Uno di questi prevede pecorino, uova, strutto, zucchero, e scorza di arancio. Un’altra versione, invece, mescola ricotta, limone, uvetta e zafferano. Dopo essere stati cotti, si gustano caldi con una spolverata di zucchero a velo.




Fiat Topolino, Citroën Ami e Yoyo: le tre Microcar elettriche perfette per un Weekend Premium in città tra divertimento e cultura

In un contesto urbano sempre più attento alla sostenibilità, alla riduzione delle emissioni e alla fluidità della mobilità, le microcar elettriche si affermano come una risposta concreta alle esigenze delle metropoli europee. Milano, con la sua rete capillare di zone a traffico limitato, le politiche ambientali sempre più stringenti e una crescente cultura della mobilità condivisa, rappresenta il laboratorio ideale per valutare le performance e l’utilità delle microcar elettriche. Tra le più interessanti sul mercato spiccano tre modelli: Fiat Topolino, Citroën Ami e XEV Yoyo.L’industria automobilistica sta attraversando una rapida trasformazione, con una crescente attenzione verso la mobilità sostenibile. In questo contesto, le city car elettriche ultra compatte stanno guadagnando popolarità, offrendo una soluzione ideale per la mobilità urbana efficiente e a basso impatto ambientale. Fiat Topolino, Citroën Ami e XEV Yoyo rappresentano un’alternativa ecologica alle tradizionali auto cittadine, concentrandosi sull’essenziale e offrendo soluzioni di mobilità conveniente per gli abitanti delle città sempre più dense.

Fiat Topolino

La Fiat Topolino è la sorella minore della 500. Infatti, prende il nome e il design dalla 500 originale, chiamata affettuosamente “Topolino” per le dimensioni contenute, espande la gamma e consolida la leadership del Marchio nel settore della mobilità urbana sostenibile. Il suo stile, come quello della sua antenata, è caratterizzato da una semplicità potente, un design che ruota intorno all’idea di “less is more” che valorizza la semplicità come miglior compagno della bellezza.La parola chiave è “libertà”: condividetela con i vostri cari, guidatela ovunque e in qualsiasi condizione meteorologica e poi parcheggiatela dove desiderate. Rispetto a uno scooter, offre una gamma infinita di possibilità. Può essere guidata con sicurezza anche sotto la pioggia, la sua struttura offre maggiore protezione e consente di condividere viaggi con amici o famigliari.La gamma include due diverse carrozzerie, una chiusa e una aperta, entrambe coerenti nelle caratteristiche strutturali: un colore, Verde Vita, un design dei cerchi ed un unico approccio estetico degli interni. Grazie alle dimensioni estremamente contenute rispetto ad una normale autovettura (2,53 metri di lunghezza), alla maneggevolezza, la Topolino riaccende il desiderio di viaggiare senza stress in tutta sicurezza grazie anche alla velocità massima limitata a 45km/h. Entrambi estremamente versatili, i due modelli sono caratterizzati da una batteria da 5,4 kWh che offre fino a 75 km di autonomia ed un tempo inferiore alle quattro ore per una ricarica completa. Più di quanto serva per le giornate al mare o per la circolazione quotidiana nei centri urbani.Dimensioni ridotte, con un’abitabilità straordinaria grazie ai due sedili disallineati, all’ampia superficie vetrata che aumenta notevolmente la percezione dello spazio nella sua interezza e, soprattutto, ai vani portabagagli posizionati in modo strategico. Uno di questi, posizionato tra il guidatore e il passeggero, può ospitare una valigia, per un totale di 63 litri di spazio di carico interno. Prezzo di listino 9.890 euro.

Citroen Ami

Gli amanti della guida “green” a zero emissioni che desiderano distinguersi nel grigio traffico urbano delle città più congestionate da oggi possono approfittare della nuova offerta di personalizzazioni esclusive e illimitate per la nuova Citroen AMI, la microcar 100% elettrica che può essere guidata anche senza patente a partire dai 14 anni di età. Progettata per i brevi tragitti e per semplificare la vita dei suoi utenti, ha dimensioni ultra-compatte, con una lunghezza di soli 2,41m che la rende facile da guidare e parcheggiare. Il motore elettrico da 6 kW garantisce un’autonomia di 75 km e una velocità massima di 45 km/h.Il suo design originale, le dimensioni ridotte e gli elementi simmetrici rendono Ami – 100% ëlectric immediatamente attraente e con un elevato potenziale di personalizzazione, grazie ai diversi livelli di personalizzazione disponibili sin dal suo lancio, con kit di accessori estetici e funzionali per l’esterno e l’interno, declinati in 4 tonalità (Orange, Grey, Khaki e Blue) da applicare facilmente da soli. Prezzo da circa 8000 euro.

XEV YOYO

XEV YOYO si differenzia dai “lontani cugini” quadricicli leggeri che sono limitati per legge a 8 CV e 45 km/h. Come quadriciclo pesante infatti vanta quasi il doppio dei CV, ben 15, e sviluppa una velocità massima di 80 km/h, è possibile guidarla già da 16 anni con patente B1, e consente di portare un passeggero. 100% elettrica, la Yoyo garantisce l’accesso gratuito alle zone Ztl e consente la circolazione durante i blocchi del traffico.Oggi, alla sua seconda generazione, la Yoyo è affidabile e prestante. I quattro freni a disco con Abs e le due modalità di viaggio garantiscono una guida fluida e sicura. Inoltre il veicolo mostra dotazioni decisamente utili come il supporto per il telefono accanto allo schermo digitale da 7” e due prese Usb. Molto utili anche i vari vani porta oggetti di cui è dotato l’abitacolo. E’ anche possibile regolare elettronicamente finestrini e specchietti, persino l’apertura del bagagliaio è elettrica. La yoyo è dotata anche di aria condizionata/riscaldamento, e integrazione Bluetooth con lo smartphone.  Prezzo da circa 16mila euro.




Case pazze nel mondo: le 10 abitazioni più strane che tu possa immaginare

Benvenuti nella nostra rubrica Top 10, la serie che raccoglie le classifiche più curiose e sorprendenti: dai 10 cibi più strani, raccapriccianti e disgustosi del mondo, ai 10 campeggi per nudisti più belli d’Italia. In questo episodio, vi portiamo in un viaggio intorno al mondo alla scoperta delle 10 case più strane del pianeta: abitazioni che sfidano le convenzioni, l’architettura tradizionale e, a volte, anche la gravità. Dimenticate villette a schiera e grattacieli: queste abitazioni sfidano le leggi della logica, del design e, a volte, della gravità. Ecco le 10 case più strane (e fotografiche) sparse nel mondo, da vedere almeno una volta nella vita. Alcune sono capolavori di design visionario, altre sembrano uscite da un cartone animato. Ma tutte hanno una cosa in comune: sono uniche e assolutamente indimenticabili.

Preparatevi a rimanere a bocca aperta!

1. La Casa Capovolta di Terfens (Austria)

Geniale nella sua concezione, ci ha ricordato la casa di Dorothy nel Mago di Oz, che viene sradicata e portata via dal tornado. E di fiabesco qui c’è veramente tutto. Progettata da due architetti austriaci, Irek Glowacki e Marel Rozhanski, la Haus Steht Kopf e costruita in soli 8 mesi, è l’attrazione principale di Terfens, nella parte occidentale dell’Austria. Si tratta di una vera e propria casa di 180 mq, ma con la punta del tetto piantata nel terreno e le fondamenta che guardano il cielo. Anche all’interno è tutto sottosopra e i visitatori possono sfilare accanto a un portico che sembra sospeso a mezz’aria, oppure sostare davanti a un cammino sempre acceso e passare poi dal garage, dove è parcheggiata una Wolksvagen, ovviamente al contrario.

2. La Piano House di Huainan (Cina)

Questa casa dall’aspetto davvero singolare è stata progettata dagli studenti della Facoltà di Architettura e Design di Hefei, su richiesta del governo, che intendeva fare di questo edificio un centro per la promozione della musica e fulcro di eventi, workshop e incontri per gli studenti. La parte con la forma di pianoforte e su un unico piano e ospita sale per meeting, concerti ed eventi. La parte a forma di violino, invece, ospita la scala che consente di accedere a entrambi gli edifici. Di sera, un affascinante gioco di luci illumina i due enormi strumenti che, per le loro dimensioni, sono considerati anche i due strumenti musicali più grandi del mondo.

3. La Casa Galleggiante sul fiume Drina (Serbia)

Sorge su uno spuntone di roccia al centro del fiume Drina, a poca distanza da Bajina, in Serbia e sembra letteralmente galleggiare sull’acqua. La sua storia è piuttosto singolare. Nel 1968, un gruppo di amici che si recavano spesso a fare il bagno nel fiume, cercavano un luogo per prendere il sole e, visto che la roccia non era molto comoda, vi installarono alcune assi di legno. A poco a poco, cominciarono a costruire un vero e proprio rifugio, aggiungendo le pareti e il tetto. Infine, visto il bel risultato, vi portarono anche i mobili servendosi di barche e kayak per il “trasloco”. La sua fama, tuttavia, esplode nel 2012, quando questa casa assai singolare viene immortalata dalla fotografa di National Geographic Irene Becker. Da allora, ogni anno è meta di turisti e curiosi che non vedono l’ora di vedere dal vivo la “casa galleggiante”.

4. La Casa Trasparente a Tokyo (Giappone)

Scordatevi la privacy in questa casa di tre piani e 84 mq che sorge in un quartiere di Tokyo, circondata da abitazioni tradizionali. Basta, infatti, alzare lo sguardo per vedere tutto quello che fa la famiglia che vi abita. Progettata dall’architetto Sou Fuijimoto, si compone di box completamente trasparenti, suddivisi in stanze comunicanti sia in verticale che in orizzontale. Unica eccezione a questa “trasparenza”, delle tende oscuranti che possono essere “tirate” la notte e mentre si è nella stanza da bagno. Almeno quello…

5. Haewoojae di Seoul (Corea del Sud)

Guardate bene la foto. Se avete l’impressione che questo edificio, che sorge a 40 km da Seoul abbia la forma di un WC, be’…ci avete preso! La Haewoojae è infatti un’enorme casa con le sembianze di un gabinetto, fatta costruire nel 2007 da Sim Jae-Duck, ex sindaco della città, conosciuto come Mr Toilet per il suo impegno nella promozione dei servizi igienici in tutto il mondo. Per prestare fede alla sua “missione”, ha fatto demolire la villa dove viveva da 30 anni per sostituirla con questa costruzione dalla forma di un enorme gabinetto, per celebrare la nascita della World Toilet Association. Dopo la sua morte, nel 2009, la sua famiglia ha donato la casa alla città che, su disposizioni di Mr Toilet, l’ha trasformata in un museo. Del WC, ovviamente.

6. Crocodile House di Abidjan (Costa d’Avorio)

Ha l’aspetto di un enorme coccodrillo ghignante e, in origine, doveva essere un’opera dell’artista Moussa Kalo, che iniziò i lavori nel 2008. Purtroppo, Kalo morì due mesi prima che i lavori fossero ultimati. Il suo assistente, Thierry Atta, decise allora di farne una vera e propria abitazione, con tanto di finestre, camere e bagno. Lui stesso vi si stabilì una volta finiti i lavori. La casa coccodrillo divenne subito un’attrazione irresistibile, prima per i vicini, poi per turisti e visitatori. E Atta, da buon “padrone di casa”, apre la porta a tutti e consente di dare una sbirciatina nella pancia dell’enorme rettile ridanciano.

7. Basket Building di Newark (Ohio, USA)

Percorrendo la Highway 16 a Newark, in Ohio, vi troverete di fronte a un gigantesco…cestino da pic nic. Inaugurato nel 1997, è la sede della Longaberger Company che produce, neanche a dirlo, cestini. Il gigantesco paniere si compone di sette piani e il suo “manico” pesa ben 190 tonnellate. Inoltre, ha la particolarità di poter essere riscaldato durante l’inverno per impedire l’accumulo di neve e ghiaccio. All’interno, poi, il “cestino” è un vero e proprio tempio del lusso, con pavimenti in marmo e una scalinata che collega tutti e sette i piani. Sul soffitto, poi, è stata creata una grande finestra da cui entrano i raggi del sole. Gigantesco e sostenibile.

8. Casa Teiera di Zillah (Washington, USA)

Sembra uscita da un parco di divertimenti questa casetta a forma di teiera, con i muri di mattoncini bianchi e rossi. Eppure, ha una storia di tutto rispetto. È stata costruita nel 1922 a Zillah, nello Stato di Washington, per attirare l’attenzione e denunciare la corruzione della Casa Bianca durante la presidenza di Warren Harding. Per essere vivibile è un po’ troppo piccola, per questo, fino al 2003, è stata adibita a distributore di benzina. È stata, tuttavia, ristrutturata e acquistata da un privato, ma dal 1985 è stata inserita nella lista ufficiale degli edifici storici.

9. 727 Fuselage Home (Costa Rica)

Un esempio di riciclo perfetto, non c’è che dire. È la 727 Fuselage Home, un hotel di lusso che sorge nel cuore della jungla, nel Parco Nazionale Manuel Antonio, in Costa Rica.  La struttura è stata ricavata, infatti, dalla fusoliera di un Boeing 727 del 1965, in servizio prima per South Africa Air e poi per Avianca Airlines. Il mezzo, una volta “in pensione” è stato recuperato dall’aeroporto di San Josè, smontata pezzo per pezzo e ricostruito su un piedistallo che permette di godere di una vista mozzafiato sull’oceano e sulla jungla. Si raggiunge attraverso una scala e al suo interno ha due suite con arredi in legno intagliato di Giava, aria condizionata, bagno privato, angolo cottura, TV satellitare e terrazza con vista sull’oceano.

10. Nautilus House di Città del Messico (Messico)

La sua forma ricorda quella elicoidale della conchiglia da cui prende il nome, ma Nautilus House è un vero capolavoro di architettura, bellezza ed ecosostenibile, senza dimenticare il lusso e le tecnologie all’avanguardia. Ispirata ai lavori più famosi di Gaudì e Frank Lloyd Wright, è stata costruita nel 2006 dall’architetto Senosiain. Gli arredi interni sono stati realizzati con pietre e vetri colorati e le stanze sono collegate da un sentiero di erba vera. Gli ambienti sono poi ispirati ai fondali marini, mentre la ventilazione è garantita da due condotti sotterranei. È anche antisismica e non necessita di manutenzione. Attualmente, è abitata da una coppia con due bambini.




Poesia di viaggio

Raffaele D’Argenzio

Marzo, mese della poesia… di viaggio

Questo appena arrivato è il mese che ci porterà la Primavera, ed insieme la Poesia.
Infatti il 21 si celebra la Giornata Mondiale della Poesia, istituita dall’UNESCO nel 1999 per promuovere la poesia come forma d’arte e strumento di dialogo tra le culture.
Anche il Corriere della Sera ed altri daranno molto spazio alla Poesia.
E noi? Noi cominciamo già oggi dedicando marzo alla POESIA DI VIAGGIO, iniziando con questo mio testo e un breve video che vuole essere anche un invito a tutti i “Poeti di Viaggio” ad inviarci le loro poesie in cui racconteranno i loro viaggi.

QUELLA LUCE SUI COLLI

Non tutti la cercano, non tutti la trovano.
La nostra vita, come corsa per viaggiare di più,
correre di più, cliccare di più, tutto di più,
non ci permette di fermarci…
ma in una sera d’autunno può capitare che,
guidando fra questi colli come fra onde di un mare
che la natura ha pietrificato  e colorato,
ad un tratto vedi una luce
e ti vien voglia di fermarti.
Devi fermarti.
Tu, al Passo più alto
e quella luce che arriva da un cielo vicino,
come una carezza che illumina.
Un attimo, un lungo attimo
in cui ti manca il respiro e ti sembra di volare,
Non hai sete e non hai fame, 
non hai freddo e non hai caldo,
Un lungo attimo
in cui, anche se non l’hai cercata,
senti d’averla trovata,
la Poesia.




I 10 vulcani più spettacolari e affascinanti del mondo

I vulcani sono tra i più straordinari e affascinanti fenomeni naturali che il nostro pianeta possa offrire, e quelli che presentialo sono i 10 più belli e famosi al mondo. Con la loro imponenza, il loro aspetto spesso maestoso e la loro capacità di plasmare paesaggi interi, i vulcani sono stati da sempre oggetto di timore e venerazione. Non è un caso, infatti, che molte civiltà li abbiano considerati dimora di divinità o simboli di poteri sovrannaturali.

In questa selezione scoprirai quali sono i vulcani più affascinati, scelti per la loro bellezza, la loro importanza storica e le leggende che li circondano. Ogni vulcano racconta una storia unica, e tre di questi giganti si trovano proprio in Italia, rendendo il nostro paese uno dei luoghi più affascinanti per chi ama scoprire le meraviglie della natura.

Se questo argomento ti incuriosisce, non perderti altre classifiche della nostra articolata serie TOP 10, come le spiagge colorate più belle del mondo o i cibi più disgustosi del pianeta.

1. Vesuvio (Campania, Italia)

Al primo posto, non potevamo che mettere il “nostro” Vesuvio, che con la sua sagoma inconfondibile disegna il profilo del Golfo di Napoli. Deve la sua fama, oltre alla sua innegabile bellezza, per la tragica eruzione del 79 d.C, quando cancellò le città di Ercolano e Pompei, lasciando ai posteri un’eredità unica al mondo. La sua lava ha infatti “cristallizzato” il tempo, consentendoci di conoscere, imprigionati nella sua lava, gli antichi romani e le loro abitazioni. Rimasta sui libri di storia, l’eruzione del 79 d.C è stato il disastro naturale documentato più grave dell’epoca antica. Nei secoli successivi, per fortuna, il Vesuvio si è limitato a “sfogarsi” con piccole eruzioni più frequenti, ma meno distruttive. L’ultima risale al 1944. È alto 1285 metri sul livello del mare.

2. Monte Fuji (Giappone)

Diventato famoso anche in Occidente per la sua imponente forma conica con la punta coperta dalla neve per dieci mesi all’anno, il Monte Fuji, in Giappone, da secoli è considerata una montagna sacra. Si trova sull’isola di Honshu, nella parte orientale del Paese, a poca distanza dalla capitale, Tokyo. Ogni anno viene visitato da milioni di turisti e pellegrini che si inerpicano lungo i suoi sentieri, lungo i quali si trovano ben 25 siti Patrimonio dell’Umanità UNESCO, e si fermano per una pausa rilassante presso qualcuna delle numerose fonti termali. La sua sagoma inconfondibile viene spesso raffigurata nei manga e nei cartoni animati giapponesi. Una delle sue raffigurazioni artistiche più famose è la Grande Onda del celebre pittore nipponico Hokusai, che gli dedicò il suo ciclo Trentasei vedute del Monte Fuji. Alto 3776 metri, ha eruttato per l’ultima volta nel 1708.

3. Kilimangiaro (Tanzania, Africa)

La rassegna dei 10 vulcani più belli e famosi del mondo prosegue con il Kilimangiaro, la montagna solitaria più alta di tutta l’Africa e, con i suoi 5895 metri è uno dei vulcani più alti del mondo. Situato nella Rift Valley, nel Distretto di Rombo, ha la caratteristica unica di creare ben cinque diverse zone climatiche, dal clima tropicale a quello glaciale. Sulla sua cima si trova poi un rarissimo ghiacciaio tropicale. Le differenti zone climatiche si possono toccare con mano durante il trekking di cinque giorni (come minimo) per raggiungere la sua cima, dove si trova il cratere, anch’esso tra i più grandi del mondo. Questo stratovulcano, tuttavia, è piuttosto tranquillo. La sua ultima eruzione, infatti, risale a ben 300 mila anni fa.

4. Etna (Sicilia, Italia)

Secondo la mitologia greca, l’Etna era la sede della fucina di Efesto, il dio del fuoco e fabbro degli dei, che nelle sue viscere realizzava strumenti di vari metalli con l’aiuto dei Ciclopi. Con i suoi 3350 metri, questo gigante è il vulcano più grande d’Europa, dal momento che il Teide, anche se geograficamente appartiene alla Spagna, fa parte della zolla africana. Piuttosto “brontolone” e attivo, regala esperienze suggestive ai turisti che si recano ad ammirarlo nelle notti siciliane. In più, la cenere e i lapilli rendono particolarmente fertile il terreno della piana di Catania. Splendida la Valle del Bove, costellata di formazioni di lava e rocce che ricordano vere e proprie sculture. Qui scendono placide le sue colate laviche. Tra le sue eruzioni più memorabili c’è quella del 1669, quando la lava arrivò fino alle mura di Catania, modificandone il territorio, e quella del 1992, che ha minacciato i paesi situati alle sue pendici.

5. Teide (Tenerife, Spagna)

Alto 3715 metri sul livello del mare, ma 7500 se lo si misura dal fondale, il Teide domina l’isola di Tenerife, nell’arcipelago della Canarie ed è la montagna più alta della Spagna e di tutto l’Atlantico, pur appartenendo alla zolla africana. Dopo i vulcani hawaiani Mauna Kea e Mauna Loa, poi, costituisce il massiccio vulcanico più alto del pianeta. Il Teide, poi, è uno dei candidati (l’altro è Santorini) a essere ciò che resta della leggendaria Atlantide. Infatti, fa parte di un massiccio ancora più grande, formatosi nell’arco di 170 mila anni e collassato su se stesso proprio a causa delle sue dimensioni. Già celebre al tempo dei Romani, anche oggi è un sito turistico famosissimo. I ristoranti che sorgono nelle vicinanze, poi, offrono carne e pesce cotti con il calore che esce dai suoi crateri! Inoltre, il Parco Nazionale sorto attorno al massiccio vulcanico, è il più visitato d’Europa e il secondo al mondo.

6. Mauna Kea (Hawaii)

Le sue dimensioni sono davvero impressionanti. Il Mauna Kea, sull’isola di Hawaii, è infatti un vulcano a scudo, cioè più esteso in larghezza che in altezza. Nonostante ciò, la sua altezza complessiva supera quella dell’Everest. Misura infatti 4207 metri se si considera solo la parte emersa, e ben 9968 se si considera quella complessiva, a partire dal fondale. Insieme al suo gemello Mauna Loa e al Kilauea, molto più attivi, fa parte della triade di vulcani che hanno dato origine all’isola di Hawaii, la più grande dell’arcipelago. L’isola si trova in uno dei punti più ”caldi” della Terra, attivo da più di 90 milioni di anni, che, a forza di eruzioni e attività, ha dato origine alla catena vulcanica chiamata Hawaii-Emperor, che arriva fino alla Kamchatka, in territorio russo, lunga più di 6mila km. È un vulcano molto tranquillo. La sua ultima eruzione risale infatti al 2460 a.C e oggi è sede di una stazione sciistica e sede di un osservatorio scientifico.

7. Yellowstone (Wyoming, USA)

Molti conoscono il parco omonimo, dove si trova anche il vulcano, per aver visto da piccoli il cartone animato degli orsetti Yogi e Bubu, alle prese con il ranger. Tuttavia, lo Yellowstone è anche uno dei vulcani più famosi e grandi della Terra. Anzi, è un “supervulcano”. Si tratta infatti di una caldera gigantesca. Misura infatti 55 km per 72.  Nasce su un “Punto Caldo” del Pianeta, cioè un condotto che rimane sempre fisso mentre i continenti si muovono al di sopra di esso.  Di solito, le caldere eruttano in maniera assai devastante, tuttavia, ciò avviene a distanza di centinaia di migliaia di anni. L’ultima eruzione dello Yellowstone risale infatti a 640 mila anni fa. Alto 2805 metri sul livello del mare, oggi è circondato da uno splendido parco naturale, habitat incontaminato di diverse specie di mammiferi nordamericani.

8. Laki (Islanda)

 Situato nel Parco Nazionale del Vatnajökull, nell’Islanda meridionale, si eleva per appena 812 metri sul livello del mare. Tuttavia, il Laki è un vulcano con una caratteristica davvero unica, che lo inserisce di diritto tra i 10 vulcani più belli e famosi del mondo. Infatti, non erutta dal classico “cono”, ma da una fessura nel terreno, da cui sgorgano fontane di lava, spesso per lungo tempo. La sua eruzione più devastante risale al 1783, quando nella fessura si formarono ben 130 crateri che eruttarono lava e gas tossici per otto mesi, provocando decine di migliaia di morti in Islanda e in Europa settentionale. Il Laki fa parte della Dorsale Oceanica, cioè della catena vulcanica sottomarina che si estende per 60 mila chilometri sotto gli Oceani del pianeta Terra.

9. Erta Ale (Etiopia)

Un altro incredibile vulcano è l’Erta Ale, nella Rift Valley, cioè la grande fossa tettonica che sta spezzando in due il continente africano. Si pensa che, tra milioni di anni, qui si formerà un nuovo oceano. Per ora, la frattura, lunga circa 6 mila km, regala paesaggi lunari e spettrali. L’Erta Ale è un vulcano a scudo (cioè, più largo che alto), di 613 metri sul livello del mare. La sua caratteristica, unica al mondo, è che non erutta mai, pur rimanendo sempre attivo. Il suo cratere centrale, infatti, ha l’aspetto di un enorme lago di lava permanente, il più grande del mondo. L’aspetto è quello di un grande pentolone nero in ebollizione, tra bolle e sbuffi. Un lago di fuoco dal fascino indescrivibile.

10. Stromboli (Sicilia, Italia)

Chiude la nostra classifica dedicata ai 10 vulcani più belli e famosi del mondo un’altra meraviglia italiana. Lo Stromboli, che dà il nome all’omonima isola nell’arcipelago delle Eolie, di fronte alle coste della Sicilia. Gli antichi Greci lo chiamavano “Il Faro del Mediterraneo” per la sua caratteristica unica di non smettere mai di eruttare. Emette lava e lapilli, infatti, da più di duemila anni. È uno stratovulcano, cioè con la tipica forma a cono, alto 924 metri sul livello del mare, che diventano 2400 se si considera anche il fondale. Meta di escursionisti e visitatori provenienti da tutto il mondo, lo Stromboli è stato anche protagonista di molti film. Imperdibile lo spettacolo della sciara del fuoco, una depressione sul lato settentrionale lungo la quale il magma scivola lentamente verso il mare, regalando un incredibile spettacolo.




Scopri Ittoqqortoormiit: la città più isolata della Groenlandia

Voglia di fuggire? Voglia di isolarvi completamente da tutto e tutti? Avete mai pensato di andare nel luogo più lontano al mondo? Sapete dove si trova? A Ittoqqortoormiit in Groenlandia, sulla Terra di Jameson, sulla riva settentrionale dello Scoresby Sund. La località più isolata di una terra tutta da scoprire.

Ittoqqotoormiit
Una delle attività da fare a Ittoqqortoormiit

Ittoqqortoormiit, nome impronunciabile, è la città più isolata della Groenlandia ed è nata nel 1925. E’ affacciata sul Mare di Groenlandia e sullo Stretto di Danimarca e regala un paesaggio fuori dal comune, un paesaggio candido, silenzioso, immenso. Pensate che qui vivono circa 450 abitanti ma diversamente da altre città i vicini di casa sono orsi polari, buoi muschiati, lupi e trichechi.

Ittoqqortoormiit
Orsi polari giocano

Come buona parte della Groenlandia, l’isola per 9 mesi all’anno è ghiacciata e il periodo migliore per visitarla è la primavera con una temperatura più sopportabile intorno ai -20°C. Tute termiche, sciarpe, cappelli e guanti saranno indispensabili per poter ammirare paesaggi a dir poco paradisiaci: imponenti montagne innevate, l’Oceano Artico ghiacciato tanto solido da potervi camminare, maestosi iceberg e il sistema di fiordi più lungo del mondo.

Ittoqqotoormiit
Il bianco paesaggio di Ittoqqortoormiit

Cosa aspettarsi nel paese ai confini del mondo: un negozietto, una scuola, un piccolo museo, un campo da calcio, una guest house. Cosa fare dunque?  Meditazione, passeggiate sul ghiaccio, passeggiate sulle slitte trainate da cani, kajak tra gli iceberg, visitare la tundra, studiare e fotografare animali visti solo in televisione come l’orso polare, ma anche escursioni e vela intorno alla penisola.

Ittoqqotoormiit
L’aurora boreale su Ittoqqortoormiit

I temerari viaggiatori che vorranno raggiungere Ittoqqortoormiit con un po’ di fortuna potranno anche ammirare l’Aurora Boreale. Non dimentichiamoci poi che poco lontano c’è il parco nazionale più grande del mondo: Parco nazionale della Groenlandia nordorientale.

Certo non è da tutti ma è sicuramente un viaggio per tutte quelle persone che vanno alla ricerca di viaggi esperienziali, i viaggi indimenticabili, quelli che oltre a colpire gli occhi colpiscono il cuore.

Ittoqqotoormiit
Una panoramica dall’alto di Ittoqqortoormiit

Anche i costi non sono proprio economici ci vogliono almeno due aerei per raggiungere la Groenlandia, un elicottero, barche per arrivare in questo eremo. Un viaggio da organizzare molto bene appoggiandosi ad esempio all’agenzia locale Nanu Travel http://www.nanutravel.dk/ che gestisce tutte le attività e le escursioni. Tenete presente che per raggiungere quest’Isola mozzafiato occorre preparare un buon piano perché i voli atterrano ad esempio a Akureyri, la 2^ città dell’Islanda, solo due volte la settimana (martedì e giovedì). Da qui dovrete prendere un altro volo per Constable Point (CNP) e poi un volo in elicottero per giungere a Ittoqqortoormiit.

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L’accogliente Guest house a Ittoqqortoormiit

Dunque il suggerimento che vi possiamo dare, se non siete grandi giramondo, è quello di prenotare un alloggio attraverso Hotels.com® , un sito web in cui è possibile prenotare camere di hotel, sia online che per telefono. Oltretutto ha da poco aggiunto sul sito quello che potrebbe essere l’hotel più remoto del mondo, una Guest house a Ittoqqotoormiit ma non solo, offre promozioni davvero interessanti addirittura soggiorni gratuiti. Dunque non resta che dare un’occhiata a questo link: https://it.hotels.com/page/most-remote-hotels  e magari sarete uno dei tanti fortunati che potranno soggiornare gratuitamente a  Ittoqqotoormiit , nome impossibile da pronunciare ma che vale una visita almeno una volta nella vita.

Ittoqqortoormiit
Un bellissimo esemplare di tricheco con il suo cucciolo




I 10 musei più piccoli del mondo

di Benedetta D’Argenzio

Musei in miniatura da visitare in pochi minuti

Non servono locali enormi, per un museo bastano uno sgabuzzino o una cabina telefonica. Lo confermano le 10 “gallerie” di questa rassegna curiosa che arricchisce la rubrica TOP TEN di WEEKEND PREMIUM. Accanto agli animali più strani e ai cibi più disgustosi, ecco quindi un’affascinante lista di 10  luoghi in cui il tempo si è fermato in spazi ristretti. Angoli del mondo che custodiscono storie, passioni e collezioni straordinarie in spazi così compatti, poco più grndi di una bomboniera, da renderli unici. I musei più piccoli del mondo sono autentiche chicche per viaggiatori curiosi, capaci di stupire in pochi metri quadri. Dalla cabina telefonica trasformata in museo nel cuore dello Yorkshire fino a una minuscola galleria d’arte in una cabina verde in Inghilterra, vi portiamo in un viaggio attraverso dieci di questi straordinari micro-musei.

1. Warley Museum (Gran Bretagna)

Il museo più piccolo del mondo è il Warley Museum che si trova nell’omonimo villaggio dello Yorkshire, in Gran Bretagna. La sua particolarità è che il museo è ricavato all’interno di una cabina telefonica rossa, collocata all’esterno del Maypole Inn, uno dei ristoranti più in voga del luogo. L’idea di trasformare una delle iconiche cabine telefoniche rosse in museo è venuta ai membri della Warley Community Association che hanno colto al volo l’opportunità offerta dal progetto “Adotta una cabina” promosso da British Telecom. Ma come si accede al museo più piccolo del mondo e cosa ci si trova? Prima di tutto, ovviamente, si entra uno alla volta e già sui vetri si possono vedere vecchie fotografie e incisioni. All’interno, invece, sono posizionati documenti, foto e oggetto che raccontano la storia della cittadina di Warley. Il “museo da Guinness”, tuttavia, è in continuo divenire, poiché la comunità locale si impegna per modificare e arricchire il suo piccolo patrimonio.

2.Museo Etnografico di Džepčište (Macedonia)

Si trova nella Macedonia settentrionale ed è il museo etnografico più piccolo del mondo. Quello di Džepčište si trova all’interno della casa del signor Simeon Zatley che ha raccolto più di mille oggetti tra utensili, artigianato locali, cimeli, gioielli, orologi e persino l’abito da sposa di sua madre per un periodo che va dalla fine del XIX all’inizio del XX secolo. Oltre a esserne l’ideatore e il curatore, il signor Simeon fa anche da guida. Anche qui, si entra uno alla volta.

3. Mmuseumm (New York, USA)

Nella nostra TOP 10 c’è anche il Mmuseumm di New York, un vero e proprio “gabinetto delle curiosità” ricavato in un vano ascensore di una vecchia fabbrica di vestiti di scena di Broadway. Si trova in Cortlandt Alley, fra Tribeca e Chinatown e ha ospitato addirittura delle mostre.  La porta si spalanca direttamente sulla strada e si può ammirare una vetrina bianca con esposti oggetti particolarissimi del mondo moderno, dal logo di Facebook a confezioni di famosissimi brand.

4. World’s smallest Museum (Arizona, USA)

Il World’s smallest Museum di Superior, in Arizona, si è autoproclamato il “più piccolo del mondo”. Certo è che piccolo lo è davvero. Misura infatti solo 12,5 mq, di cui solo 7,5 “calpestabili”, dal momento che le sue pareti sono ricoperte dalle teche nelle quali sono esposti gli oggetti più disparati, tra cui veri e propri cimeli. Tra questi ci sono un computer Compaq del 1984, un autentico poster dei Beatles del 1960 e canzonieri originali dell’epoca. Una vera chicca anche l’ultima foto del capo Apache Geronimo e la più grande “lacrima di Apache” del mondo, cioè una pietra vulcanica che si trova solo sull’Apache Leap, la montagna che domina la cittadina di Superior. Il museo si trova lungo la storica Route 60 ed è ospitato all’interno di una piccolissima capanna di legno.

5. Edgar’s Closet (Alabama, USA)

Da Guinness anche l’Edgar’s Closet Museum di Toscaloosa, in Alabama, interamente dedicato al grande scrittore Edgar Allan Poe da un suo fan sfegatato, il professor Tommy Flowers, che lo ha realizzato all’interno di uno sgabuzzino nella scuola in cui insegna. Nel tempo, Flowers è riuscito a collezionare in circa 2 metri quadrati più di duemila oggetti a tema, tra memorabilia, opere d’arte, progetti e documenti dedicati al maestro del brivido.

6. Phone Box Art Gallery (Barningham, Regno Unito)

La Phone Box Art Gallery è la più piccola galleria d’arte del mondo e vanta una storia davvero particolare. Si trova a Barningham, nel North Yorkshire, ed è ricavato in una cabina telefonica. Ciò che lo rende molto speciale, tuttavia, è il fatto che la cabina in cui si trova è verde, e non dell’iconico rosso inglese, ed è una delle cinque di questo colore presenti in tutto il Regno Unito. Inoltre, è un vero e proprio cimelio storico: risale infatti al 1920 ed è stato dichiarato “Monumento storico” dalla corona britannica, alla stregua di Buckingham Palace, tanto per rendere l’idea. La proprietà originale, British Telecom, l’ha lasciata alla comunità locale a patto che si impegnasse a mantenerne lo stato inalterato. L’artista locale John Hay ha provveduto a decorarla con opere floreali per renderla ancora più bella.

7. Tiny E’s Museum (Nord Carolina, USA)

Il Tiny E’s Museum è il più piccolo museo del mondo dedicato a Elvis Presley. È ricavato infatti all’interno di una mini roulette e ha una sede stabile a Penrose, in North Carolina. Tuttavia, la sua particolarità è che si tratta di un museo itinerante, che si si sposta da Penrose a Tupelo, da Menphis a Las Vegas alle Hawaii. Tra i cimeli del re del rock si trova un paio di mocassini di camoscio blu indossati da Elvis, custoditi gelosamente in una teca trasparente insieme ad altri memorabilia.

8. William Burke Museum (Edimburgo, Gran Bretagna)

Non solo minuscolo, ma anche decisamente inquietante. Il William Burke Museum si trova sul bancone del negozio “The Cadies & Witchery Tours”, al civico 87 di West Bow, a Edimburgo, Scozia. Si tratta di una custodia per biglietti da visita del XIX secolo, realizzata in pelle umana, quella del serial killer William Burke. Pur piccolissima, è considerata una vera e propria reliquia e ogni anni attira migliaia di visitatori, appassionati di Ghost & Mistery Tours.

9. Mimumo (Monza, Italia)

Nella TOP 10 anche il primo di due micromusei italiani. Il Mimuno è ospitato nella Casa della Luna Rossa, una delle più antiche di Monza, a pochi passi da Piazza Duomo, e misura appena 2,29 mq. Ideato dall’architetto Luca Arquati, è concepito come uno spazio a cui dare voce ad artisti sia noti che emergenti. È aperto 365 giorni all’anno e h24.

10. La scatola del Tempo (Sardegna, Italia)

Chiude la nostra TOP 10, il museo più piccolo d’Italia. È La scatola del tempo che si trova nel centro storico di Arzachena (SS), il comune capoluogo della celebre Costa Smeralda. È ricavato in un piccolo rudere e misura poco meno di 24 mq. Al suo interno, però, sono custoditi più di cinquemila anni di storia locale con reperti, mappe, foto e tanto altro. È curato da Mario Sotgiu, tipografo con la passione per la storia, e in particolare di quella della Gallura. L’ingresso è gratuito e si entra al massimo in sei persone alla volta.

 




I 10 cibi più disgustosi (e costosi) al mondo che devi conoscere

10 piatti da incubo

Scopri con WEEKEND PREMIUM i piatti più bizzarri e inquietanti del pianeta. Quelli che presentiamo sono tra i 10 cibi più disgustosi al mondo: hai il coraggio di assaggiarli? Ti fidi davvero quando ti dicono che “non si può giudicare un libro dalla copertina”? Se parliamo di cibo, a volte l’aspetto è più che sufficiente per dire un secco NO. Mentre in Italia ci deliziamo con pasta, pizza e prelibatezze regionali, in altre parti del mondo esistono piatti che mettono a dura prova anche gli stomaci più forti. In questo articolo esploreremo i 10 cibi più disgustosi del mondo, quelli che potrebbero far rabbrividire anche i più avventurosi. Preparati a scoprire sapori e tradizioni culinarie che sfidano ogni limite! Ma questa è solo una delle esclusive e curiosissime TOP TEN che WEEKEND PREMIUM ha realizzato, che va dalla classifica degli animali più strani, ai dolci più calorici.

1. Zuppa di Pipistrello (Paniki) – Indonesia

A nostro avviso è il piatto più inquietante della lista. In Indonesia, i pipistrelli non sono solo creature notturne, ma anche ingredienti principali per una zuppa dal sapore intenso. Il pipistrello viene arrostito per eliminare la peluria e poi cotto con spezie e latte di cocco. Se sei amante delle esperienze forti, c’è anche la versione piccante.

2. Squalo putrefatto (Hákarl) – Islanda

Se pensi che il sushi sia già una sfida, aspettate di provare l’Hákarl islandese. Questo squalo fermentato (e putrefatto) viene lasciato seppellito per mesi. Il risultato? Un sapore intenso di ammoniaca e una consistenza gelatinosa. Anche gli islandesi lo consumano accompagnandolo con abbondante brennivin, una forte acquavite locale.

3. Occhi di tonno – Giappone

Sarà perché ci hanno ricordato la disgustosa scena della cena del Maharaja nel film “Indiana Jones e il tempio maledetto”, ma il terzo posto ci sentiamo di assegnarlo agli occhi di tonno, una prelibatezza orientale. Gli occhi non mentono, ma questi potrebbero farlo! In Giappone gli occhi di tonno sono un prelibato aperitivo. Dopo averli bolliti, vengono serviti con salse di soia o semplicemente al naturale. Dicono che sappiano di polpo. Sarà vero?

4. Tarantole fritte – Cambogia

Se soffri di aracnofobia, salta questo paragrafo. In Cambogia, tarantole grandi e pelose vengono fritte e servite come snack. Si dice che abbiano un sapore simile al pollo, ma la consistenza croccante delle zampe è ciò che conquista i locali. C’è chi giura che la parte più buona sono le zampe. Noi continuiamo a preferire gli hot dog…

5. Cavallette – Uganda

Niente popcorn al cinema? In Uganda si sgranocchiano cavallette. Crude o cotte, sono uno snack molto apprezzato. Alcuni dicono che abbiano il sapore di pomodori secchi, altri di popcorn. Un gusto che divide.

6. Balut – Sud Est Asiatico

Il balut è un uovo di anatra o gallina fecondato e bollito prima della schiusa. All’interno, un embrione quasi formato. Nelle Filippine lo lessano prima dei 17 giorni, in modo che il pulcino sia ancora tenero, senza ossa e piume. In Vietnam e Cambogia, invece, attendono che scheletro, ossa e zampe si siano quasi del tutto sviluppati. Che orrore!

7. Tepa – Circolo Polare Artico

Nel Circolo Polare Artico, le teste di salmone vengono sepolte per settimane per ottenere il tepa, noto anche come “teste puzzolenti”. Un piatto che non mente già dal nome. Si tratta di una “prelibatezza” inuit, pronta da gustare appena dissotterrata. Cruda, ovviamente!

8. Torta di sangue di maiale – Taiwan

Poteva mancare un dolce nella nostra classifica? A Taiwan, al posto di un gelato di frutta o al cioccolato, si gusta uno snack a base di sangue di maiale coagulato e riso glutinoso, con tanto di guarnizione con la granella di arachidi. Nella versione da passeggio, c’è anche il classico bastoncino di legno…

9. Vino al sangue di serpente – Vietnam

Se ami i superalcolici forti, il vino al sangue di serpente vietnamita fa per te. Una specialità per palati e stomaci “forti”, nel vero senso della parola. In Vietnam il “vino di serpente” si ottiene lasciando fermentare nel vino di riso serpenti velenosi, in mancanza dei quali vanno bene anche scorpioni, ragni o insetti. Il veleno viene denaturato dall’etanolo presente nell’alcool e rilascia tutte le sue proprietà…terapeutiche. C’è anche una variante, che consiste nel versare direttamente nel bicchiere il sangue di serpente insieme al vino.

10. Zuppa di nidi di rondine – Sud Est Asiatico

Non è solo disgustoso, ma anche uno tra i piatti più cari al mondo. È la zuppa di nidi di rondine, vera prelibatezza della cucina asiatica. Non di una rondine qualsiasi, però, ma delle rondini salangana. Il sapore così particolare consisterebbe nella saliva secca dei volatili, di cui sono impregnati i nidi. Il costo? Può arrivare anche a 1.640 euro a portata.




10 creature bizzarre che sembrano di un altro pianeta

I 10 animali più strani al mondo – Edizione 2025

Se pensavate di aver visto animali strani, aspettate di scoprire l’ultimo di questa lista! Quando la natura ci si mette, si sa, sa essere sorprendente, meravigliosa o bizzarra. In questo articolo per la rubrica TOP TEN (che comprende classifiche su molti temi curiosi, dai piatti più disgustosi, ai vulcani più belli, alle ruote panoramiche più alte), ci siamo divertiti ad andare alla ricerca degli animali più bizzarri del mondo (e dove trovarli). E, anche questa volta, la scelta è stata difficilissima. Alcuni li conoscete già, altri vi sorprenderanno.

(Articolo aggiornato al primo gennaio 2025, con nuove scoperte del 2024)

1. Ornitorinco (Australia)

L’ornitorinco è una delle creature più enigmatiche del pianeta, un vero capolavoro dell’evoluzione. Con il corpo che ricorda quello di un castoro, il becco e le zampe palmate di una papera, sembra un animale creato assemblando pezzi di altre specie. Quando venne scoperto dai naturalisti britannici alla fine del XVIII secolo, si pensò addirittura a una frode: si credeva che qualcuno avesse cucito insieme parti di animali diversi. Il suo nome deriva dal greco òrnis (“uccello”) e rhynchos (“muso”), richiamando proprio questa strana combinazione. L’ornitorinco, sebbene sembri innocuo, nasconde una sorpresa: il maschio è dotato di un artiglio velenoso sulle zampe posteriori. Questo veleno non è letale per l’uomo, ma provoca un dolore intenso e persistente. Vive nelle acque dolci dell’Australia e, nonostante deponga uova, allatta i piccoli. Un mix tra mammifero, rettile e uccello che continua a sorprendere e incuriosire gli scienziati.

2. Aye-aye (Madagascar)

L’aye-aye è un lemure notturno dal fascino inquietante, con occhi gialli sporgenti, dita scheletriche e un aspetto arruffato. Questo animale, endemico del Madagascar, è il più grande tra i lemuri notturni e può raggiungere le dimensioni di un opossum. Il dito medio allungato dell’aye-aye è una delle sue caratteristiche più distintive: lo utilizza per scavare nella corteccia degli alberi alla ricerca di larve, come un picchio con le ali. Purtroppo, l’aye-aye è vittima di superstizioni locali, essendo considerato un presagio di sfortuna o morte. In alcune comunità viene ucciso appena avvistato. Questa credenza ha contribuito al declino della sua popolazione, rendendolo una specie a rischio. Nonostante il suo aspetto insolito, è una creatura straordinaria, celebrata anche dal cinema: Maurice, il personaggio del film Disney “Madagascar”, è proprio un aye-aye.

3. Blobfish (Australia)

Il blobfish è stato incoronato l’animale più brutto del mondo, ma solo se osservato fuori dal suo habitat naturale. Vive nelle profondità dell’oceano, tra i 200 e i 1.000 metri, dove l’elevata pressione schiaccia il suo corpo, mantenendolo compatto. Quando viene portato in superficie, la differenza di pressione lo fa espandere, dandogli l’aspetto molle e informe che lo ha reso celebre. Lungo circa 30 cm, è sprovvisto di vescica natatoria, il che lo rende inadatto a vivere a profondità minori. Nonostante il suo aspetto, svolge un ruolo importante nell’ecosistema marino, anche se rischia l’estinzione a causa della pesca a strascico.

4. Granchio Yeti (Pacifico meridionale)

Il granchio yeti, o Kiwa hirsuta, sembra uscito da un racconto mitologico. Scoperto nel 2005 a oltre 2.200 metri di profondità al largo delle Isole di Pasqua, deve il suo nome alla peluria biancastra che ricopre le chele e parte del corpo. Questa peluria, simile alle setole di uno spazzolino, ospita batteri simbionti che potrebbero aiutarlo a disintossicare i cibi o a ottenere nutrienti. Del granchio yeti si sa ancora poco: non si conoscono con certezza le sue abitudini alimentari né il metodo di riproduzione. La sua scoperta, avvenuta durante una spedizione esplorativa, dimostra quanto poco sappiamo ancora delle profondità oceaniche.

5. Salamandra di Axolotl (Messico)

L’axolotl è una salamandra dall’aspetto giocoso e sorridente che sembra venire da un altro mondo. Vive esclusivamente nel lago di Xochimilco, vicino a Città del Messico, e si distingue per la capacità di rigenerare interi arti e organi. Questa straordinaria abilità lo ha reso un oggetto di studio per la ricerca medica. Nonostante la sua fama tra gli appassionati di acquari, l’axolotl è in pericolo critico a causa della perdita del suo habitat naturale. Le diverse varianti di colore, che vanno dal bianco al nero, lo rendono ancora più affascinante.

6. Uacari calvo (Brasile e Perù)

L’uacari calvo è una scimmia con un volto rosso acceso e una folta pelliccia che lo fa sembrare uscito da un fumetto. Vive lungo il Rio delle Amazzoni e si sposta tra gli alberi in grandi gruppi. Il colore rosso del viso è un indicatore di salute: più è intenso, più l’animale è in forma. La sua robusta corporatura contrasta con la coda corta, che misura appena 13 cm.

7. Rana viola (India)

Scoperta nel 2003 sui monti Ghati occidentali, la rana viola ha un muso che ricorda quello di un maiale. Vive sottoterra, emergendo solo durante la stagione degli amori. Questo anfibio è straordinariamente raro: ne sono stati trovati meno di 150 esemplari. Si nutre di formiche e termiti, usando la sua lingua per catturarle.

8. Narvalo (Mari del Nord)

Famoso per il lungo dente a spirale che può raggiungere i 2,5 metri il narvalo è chiamato noto anche come “Unicorno del mare”, mentre il suo nome, dal norvegese narvhal, significa “balena cadavere”. Nell’antichità era annoverato tra i mostri marini per il suo aspetto, che ricorda quello di un beluga, dalla lunghezza che può arrivare fino a 7 metri nei maschi. Il narvalo vive nei mari artici e lo si può incontrare vicino al Polo Nord, in Norvegia vicino a Capo Nord, in Alaska nei pressi di Barrow, qualche volta nelle fredde acque del Canada. In natura, questi singolari cetacei possono vivere fino a 50 anni. Sulla funzionalità del “corno”, invece, gli scienziati sono divisi. Presente solo nei maschi, alcuni sostengono che sia funzionale alle “lotte” per l’accoppiamento, altri che sia un modo per intimorire i nemici naturali, come le balene e gli orsi polari.

9. Talpa dal muso a stella (Canada e USA)

Sembra uscita da un film di fantascienza. I suoi tentacoli facciali le permettono di individuare le prede in meno di un secondo. Buffa è buffa, bellissima non proprio, ma la Talpa dal muso a stella, diffusa nel nord est degli Stati Uniti e in Canada è una macchina da guerra concentrata in appena 50 grammi di peso. Non solo riesce a sopravvivere per parecchio tempo sotto terra grazie alla presenza di un’emoglobina particolare che le consente di fare a meno, o quasi, dell’ossigeno, ma, negli anni Ottanta, si è scoperto che le singolari escrescenze, simili a piccoli tentacoli, che ha sul muso sono i più sensibili organi tattili del mondo. Sono infatti pieni dei cosiddetti “organi di Eimer”, ben 112 mila contro i 17 mila di una mano umana, fibre nervose che servono alla talpa, cieca, di localizzare le sue prede e di inghiottirne in grande quantità in poco tempo, catturandole con i suoi denti a pinzetta.

10. Armadillo rosa (Argentina)

Chiudiamo la nostra Top Ten con l’armadillo rosa, un animale talmente buffo e carino che sembra uscito da una fiaba, ma proprio per queste caratteristiche è a rischio estinzione. Oltre a doversela vedere con la scomparsa del suo ambiente naturale, le aree miti e temperate dell’Argentina, è spesso vittima del commercio illegale. Ma questo piccolo mammifero di appena 15 cm non è adatto alla vita da animale domestico. Non sopravvive, infatti, più di otto giorni alla cattività. La sua corazza, costituita da placche ossee rosa pastello, gli ricopre il dorso, la testa, le gambe e la coda, mentre il resto del corpo è coperto da una morbida peluria chiara. Ha una vista debole, ma un olfatto ben sviluppato. Con le sue zampe anteriori dotate di robusti artigli scava nel terreno per cibarsi ci termiti e formiche, che poi cattura con la sua lunga lingua vischiosa.

Dalle profondità ai cieli: i cinque animali più curiosi scoperti nel 2024

Siamo nel XXI secolo, e questo ci fa sentire autorizzati a pensare che in nostro pianeta non abbia più segreti. Ma mentre cerchiamo la vita su Marte e altri pianeti anche fuori dalla nostra galassia, gli scienziati continuano a scoprire nuove specie. È successo anche nel corso dell’anno che si è appena concluso, come confermano questi animali che si vanno ad aggiungere alla lista degli esseri viventi più strani che vivono sulla Terra.

Il pesce “mano” rosa (Tasmania)

Questo piccolo pesce, lungo solo 9,9 cm, è stato scoperto al largo della costa della Tasmania. Ha un corpo rosa e pinne a forma di mano che usa per camminare sul fondo del mare, una caratteristica unica tra i pesci conosciuti. La scoperta ha attirato l’attenzione degli scienziati per la sua rarità e per la sua adattabilità in ambienti di profondità.

Il pipistrello dal naso a tubo (Papua Nuova Guinea)

Soprannominato “Yoda” per la sua somiglianza con il famoso personaggio di Star Wars, questo pipistrello è stato trovato in Papua Nuova Guinea. Il suo naso lungo e sottile gli consente di sondare il terreno alla ricerca di insetti, rendendolo uno dei pipistrelli più particolari scoperti nel 2024.

Il verme di velluto (Australia)

Scoperto nelle foreste pluviali australiane, questo verme lungo fino a 30 cm ha un corpo morbido e arruffato. Le spine velenose che emergono dal suo dorso sono utilizzate per difendersi dai predatori, un meccanismo raro tra i vermi di questa famiglia.

Il calamaro gigante (Nuova Zelanda)

Nel 2024, un calamaro gigante lungo 13 metri è stato trovato spiaggiato su una spiaggia neozelandese. È l’esemplare più grande mai trovato intatto, attirando l’attenzione degli scienziati marini.

Il ragno pavone (Australia)

Questo ragno ha un corpo colorato e peli che utilizza per attrarre prede e per corteggiare le femmine. La danza elaborata del maschio durante il corteggiamento è considerata uno degli spettacoli più affascinanti del regno animale.

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I 10 monumenti con vista mare più belli d’Italia

Da qualunque parte la si guardi, la nostra Italia regala perle di bellezza. Qualunque luogo della nostra penisola, infatti, offre al visitatore un concentrato di storia, arte, culture, architettura, tradizioni, buoni sapori. Questa settimana, nella nostra rubrica TOP 10, siamo andati alla scoperta dei 10 monumenti vista mare più belli d’Italia, un’impresa assai ardua, lo sappiamo, quindi ci limitiamo ad aggiungere “secondo noi”. Li abbiamo scelti da Nord a Sud.

1.Castello Vecchio di Duino (Trieste, Friuli Venezia Giulia)

Sicuramente è uno dei luoghi più misteriosi e suggestivi d’Italia. Apre la nostra TOP 10 il Castello Vecchio di Duino, a pochi chilometri da Trieste che, secondo la leggenda, ospiterebbe ancora il fantasma di una nobildonna che ancora oggi appare di tanto in tanto ai visitatori tenendo tra le mani una candela. Dal mare si vede anche lo scoglio velato, che ricorda questa tragica figura. Tuttavia, il castello, nel corso dei secoli, ha ospitato personalità di spicco della politica, della cultura e persino teste coronate, come la famosa principessa Sissi. Ma anche lo scrittore Rainer Maria Rilke, che amava questo luogo, al quale è dedicato il sentiero panoramico che costeggia le scogliere a picco sul mare e porta proprio al castello.

2. Campanile di San Marco (Venezia)

Il Campanile di San Marco è uno dei simboli di Venezia e uno dei monumenti più famosi d’Italia. Non solo, con i suoi 98,6 metri è anche uno dei più alti d’Italia. Con la sua forma semplice e squadrata, sembra dare il benvenuto a chi arriva dal mare, tanto che i veneziani lo chiamano affettuosamente El paròn de casa (Il padrone di casa). Infatti, la sua prima versione, quella del IX secolo, era quella di torre di avvistamento e di faro. Nel corso dei secoli, poi, è stato rimaneggiato diverse volte fino ad assumere l’aspetto odierno. Il campanile come lo conosciamo oggi è stato inaugurato nel 1912, in occasione della Festa di San Marco. Nel 1932, poi, lungo la canna è stato installato un ascensore che permette ai visitatori di ammirare dall’altro il panorama di Venezia e raggiunge la cella campanaria in appena 30 secondi.

3. Il Gigante di Monterosso (Monterosso, La Spezia, Liguria)

Il Gigante di Monterosso è forse uno dei monumenti più particolari d’Italia. Si trova nell’omonima località delle Cinque Terre, in provincia di La Spezia. La statua, alta ben 14 metri e pesante 1700 quintali, raffigura il dio del mare Nettuno ed è stata realizzata nel 1910 per decorare Villa Pastine. Durante la Seconda Guerra Mondiale, tuttavia, il colosso è stato gravemente danneggiato dai bombardamenti ma continua ancora oggi a vigilare sulla villa e sulla spiaggia, dalla quale è ben visibile in tutta la sua imponenza.

4. La Sfera Grande di Arnaldo Pomodoro (Pesaro, Marche)

Dall’arte classica a quella moderna. La “Sfera con sfera” di Arnaldo Pomodoro si può trovare in diverse città del mondo, tra cui New York, San Francisco, Dublino e Tel Aviv. Ebbene, anche l’Italia ne ha una. Si trova in Piazzale della Libertà, a Pesaro, ed è posizionata sulla superficie dell’acqua di una fontana affacciata sul Mar Adriatico. La Sfera, realizzata in bronzo fuso, rappresenta il dualismo della realtà: è infatti lucida e levigata all’esterno e ricca di meccanismi e arzigogoli all’interno. È uno dei simboli della città e luogo di ritrovo per pesaresi e visitatori.

5. La Villa di Tiberio (Sperlonga, Latina, Lazio)

Nel cuore della Riviera di Ulisse, a Sperlonga, in provincia di Latina, si trova la splendida Villa di Tiberio, dimora estiva dell’imperatore romano. La villa, che comprende diversi ambienti, tra cui quelli residenziali, le terme e le stalle è un capolavoro architettonico della Roma antica e comprende anche il Museo Archeologico Nazionale di Sperlonga, che custodisce i reperti rinvenuti in loco e anche le statue che in origine si trovavano all’interno della meravigliosa Grotta di Tiberio, anch’essa collegata alla villa imperiale.

6. Castel dell’Ovo (Napoli, Campania)

La sua famosissima sagoma spicca nel panorama del Golfo di Napoli, di cui è uno dei simboli. Castel dell’Ovo è il più antico della città e deve il suo nome a una leggenda assai curiosa. Si racconta infatti che il poeta Virgilio avrebbe nascosto nei suoi sotterranei un uovo magico, che aveva non solo il potere di mantenere in piedi la stessa fortezza, ma anche di proteggere l’intera città da sventure e guerre. Al punto che, nel XIV secolo, al tempo di Giovanna I, il castello subì ingenti danni a causa di un parziale crollo dell’arco sul quale è poggiato e, per evitare che tra la popolazione si diffondesse il panico su eventuali future catastrofi, la sovrana dovette giurare di avere messo l’uovo in sicurezza. Il castello si trova tra i quartieri di San Ferdinando e Chiaia, di fronte a via Partenope, sull’antico isolotto di Megaride.

7. Chiesa di Santa Maria dell’Isola (Tropea, Vibo Valentia, Calabria)

È una delle chiese sul mare più belle d’Italia. Santa Maria dell’Isola, a Tropea è uno dei luoghi simbolo della Calabria e deve il suo nome al fatto che, in origine, lo scoglio su cui sorge era interamente circondato dal mare. Le sue origini risalirebbero a un insediamento di eremiti greci prima dell’anno Mille. All’epoca, infatti, Tropea era sotto la giurisdizione ecclesiastica di Bisanzio e il santuario rimase di rito ortodosso fino all’arrivo dei Normanni, nel 1040 d.C. Nel 1066 la chiesa fu donata da questi ultimi all’abate di Montecassino Desiderio, poi divenuto Papa con il nome di Vittore III. Ancora oggi, sia la chiesa che l’isola su cui sorge appartengono all’abbazia di Montecassino.

8. Basilica di Santa Maria de Finibus Terrae (Santa Maria di Leuca, Lecce, Puglia)

Un nome assai suggestivo per questa basilica santuario. Santa Maria de Finibus Terrae si trova infatti proprio sulla punta del “tacco” dello stivale italico, in un punto panoramico incredibile che consente di ammirare “l’abbraccio” tra il Mar Adriatico e il Mar Ionio. La chiesa, che si trova nella nota località turistica di Santa Maria di Leuca, perla del Salento, si affaccia direttamente sul mare e regala scorci e tramonti di rara bellezza.

9. Il Teatro Antico di Taormina (Taormina, Messina, Sicilia)

Costruito dai greci nel III secolo a.C, il Teatro Antico di Taormina offre ai visitatori e agli spettatori che ogni anno assistono ai numerosi spettacoli che ancora vanno in scena un panorama unico al mondo. Si affaccia infatti sia sull’Etna che sul Mar Ionio e può ospitare ben 10 mila posti a sedere. È una delle tappe obbligate per chi visita Messina e la Sicilia Orientale.

10. Antica Città greca di Tharros (Cabras, Oristano, Sardegna)

Chiude la nostra TOP 10 l’antica città greca di Tharros, che sorge all’estremità meridionale del golfo di Oristano, nella parte centro occidentale della Sardegna, nella penisola del Sinis. Qui, con una splendida vista mare, si concentrano più di due millenni di storia. Tharros, infatti, fu prima un insediamento nuragico, poi un emporio fenicio, fortezza cartaginese, urbs romana, capoluogo bizantino e, fino al 1070, capitale del Giudicato di Arborea. Oggi, tutto questo si concentra in un anfiteatro naturale affacciato sul mare e delimitato dell’istmo di capo San Marco e dai colli del borgo di San Giovanni in Sinis. Gli scavi sono ripresi dalla metà del XX secolo e vanno avanti ancora oggi, regalando continuamente nuove scoperte.




Jeep Renegade 4xe e Compass 4xe: il matrimonio perfetto tra ibrido plug-in e guida off road

Nel Centro prova del Gruppo FCA di Balocco nei giorni scorsi sono state messe alla prova le nuove Jeep Renegade 4xe e Compass 4xe, ovvero i primi modelli ibridi plug-in del celebre marchio americano specializzato in modelli off road. E’ stato inoltre messo quindi in risalto il lungo e costante percorso evolutivo di Jeep, capace di rispecchiare appieno la filosofia che da sempre muove il brand e che l’ha reso famoso in tutto il mondo per i suoi valori inimitabili di libertà, avventura, autenticità e passione.Tecnici del Gruppo FCA hanno dato vita ad una tecnologia di elettrificazione priva di compromessi, che si integra con l’impareggiabile contenuto tecnico dei SUV Jeep, e che rende Jeep Renegade 4xe e Jeep Compass 4xe veicoli capaci di offrire libertà totale e di portare a un livello superiore le proprie doti attraverso una delle tecnologie a basso impatto ambientale più avanzate.

Estetica specifica

Esteriormente i modelli 4xe mantengono le caratteristiche stilistiche delle versioni termiche, ma si contraddistinguono per l’inedito colore blue che caratterizza il badge ‘Jeep’ sul frontale e i badge ‘4xe’ e ‘Jeep’ sul posteriore. Anche i badge laterali con la scritta Renegade e Compass sfoggiano sfumature blue. La presa per la ricarica è protetta da un coperchio con sistema di apertura e chiusura a pressione, ed è situata sul fianco sinistro.Contenuti esclusivi fanno dei modelli Jeep 4xe i SUV Jeep più tecnologici di sempre. Nell’abitacolo, tutte le versioni presentano uno nuovo schermo TFT a colori da 7” e un display touchscreen da 8.4” Uconnect con integrazione Apple CarPlay, Android Auto e radio DAB. Entrambi offrono schermate specifiche per la guida elettrificata.

Meccanica potente e pulita

Jeep Renegade 4xe e Compass 4xe combinano un motore turbo a benzina da 1,3 litri con un motore elettrico situato sull’assale posteriore e alimentato da una batteria da 11,4 kWh ricaricabile durante la marcia o mediante una presa di corrente esterna:

  • A casa, attraverso una presa domestica,
  • Utilizzando l’efficiente e pratica easyWallbox oppure l’avanzata Connected Wallbox
  • Da un punto di ricarica pubblica.

Da solo, l’efficiente propulsore turbo da 1,3 litri eroga due livelli di potenza, 130 CV e 180 CV a cui si aggiungono 60 CV prodotti dal motore elettrico per un totale di 190 CV (versioni Limited per entrambi e Business solo su Compass) e 240 CV (Trailhawk e S). In termini di coppia, il motore elettrico produce 250 Nm e il motore termico 270 Nm. Grazie alla combinazione tra il propulsore a combustione interna e il motore elettrico, Renegade e Compass 4xe assicurano prestazioni e un piacere di guida straordinari: l’accelerazione da 0 a 100 km/h avviene in circa 7,5 secondi e la velocità massima è pari a 130 km/h in modalità elettrica e fino a 200 km/h in modalità ibrida.Grazie alla batteria da 11,4 KWh, abbinata al motore elettrico da 60 cavalli. Le due Jeep sono in grado di assicurare in media 50 km di autonomia in modalità puramente elettrica a zero emissioni.

Sistema Jeep Selec–Terrain

Per garantire capacità off-road di livello superiore, il sistema di controllo della trazione Jeep Selec-Terrain dispone fino a cinque modalità di guida, oltre al sistema di controllo della velocità in discesa (Hill-descent Control).  Grazie a questo sistema il conducente può scegliere la modalità di guida ideale per affrontare in sicurezza qualsiasi tipologia di terreno:

  • Auto: è la modalità standard, garantisce la gestione continua della trazione, ed è utilizzabile sia nella guida su strada che in fuoristrada.
  • Sport: consente di utilizzare sia il motore elettrico che il motore endotermico per prestazioni di guida sportive. Sia su Renegade sia su Compass è una modalità dinamica nuova, e garantisce un’esperienza di guida quotidiana in città ancora più divertente. Questo perchè questo settaggio va ad agire sulla risposta dello sterzo, del pedale dell’acceleratore e del cambio.
  • Snow: consente di avere maggiore aderenza in condizioni estreme. E’ stata concepita per la guida sia su strada che fuoristrada su superfici con scarsa aderenza, come i fondi stradali innevati.
  • Sand/Mud: modalità di guida fuoristrada da utilizzare su superfici con scarsa aderenza, come terreni fangosi o sabbiosi per fornire la massima capacità di trazione.
  • Rock (solo per le versioni Trailhawk): questa modalità è disponibile esclusivamente quando è inserita la modalità 4WD Low. Il sistema configura la vettura in modo da fornire i livelli massimi di trazione e di capacità sterzante su superfici in fuoristrada a bassa aderenza. Inoltre, consente di ottenere prestazioni “off-road” di riferimento. Viene utilizzata per superare ostacoli, come per esempio grandi massi rocciosi.

Inoltre, Selec-Terrain consente di gestire il sistema 4×4 della Renegade e Compass 4xe abbinando le cinque modalità di guida: Auto, Sport, Mud/Sand, Snow e Rock a differenti modalità di trazione 4×4.

Conclusioni e Prezzi

Le leggendarie capacità off-road del marchio Jeep, sono assicurate dal sistema Jeep Active Drive Low. Inoltre, la nuova tecnologia ibrida migliora ulteriormente la capability off-road di entrambi i modelli, grazie alla coppia più elevata offerta dalla combinazione delle due propulsioni. In conclusione la meccanica elettrificata rende queste due vetture molto valide nei percorsi in fuoristrada. Sulle strade asfaltate risultano invece particolarmente efficienti e parche nei consumi. In fine, per ben 50 km possono garantire una guida 100% elettrica senza quindi emettere nell’aria un grammo di emissioni nocive. Per quanto riguarda il listino, la Jeep Renegade 4xe è proposta a partire da 38.500 euro, mentre la Jeep Compass 4xe viene offerta con prezzi da 42.650 euro. 




OLTRE CHE IN  NORMANDIA, PERCHE’ ANDARE AD ANZIO, A  SALERNO, A MINTURNO…

di Raffaele d’Argenzio
Oltre che onorare le croci dei tanti giovani caduti in Normandia per difendere la  democrazia, ricordiamoci anche di quelli caduti prima sulle nostre spiagge, Anzio, Minturno, Salerno…
E valorizziamo i nostri weekend  per andare a salutarli, a ringraziarli in quei sacri giardini dove sono diventati fiori, fiori di marmo. Facciamo una carezza a quei fiori e promettiamo loro che continueremo a difendere la democrazia, che non ci mostreremo deboli verso l’uomo, o la donna, forte.  Per onorare il loro sacrificio e  dimostrare che non  non è stato vano.  Di quei fiori di marmo cominciai a sentirne  il sacro profumo in un  fine settimana (allora non si chiamavano weekend)  di tanti anni fa…

I FIORI DI MARMO

Comincia da un lontanissimo ricordo, un padre e un bambino ancora piccolo per capire, ma già grande per ricordare, e un giardino ordinato che porta verso un altare, un giardino in cui i fiori erano bianchi, erano a forma di croce, erano fiori di marmo. L’uomo forse sussurrò al bambino di dire una preghierina per questi ragazzi che hanno combattuto anche per noi, che ora sono angeli in cielo, ogni croce è un angelo che ha combattuto con coraggio per la pace e la speranza.

Quel bambino oggi saprebbe leggere i nomi su quei fiori, Giovanni, Carlo, Filippo, Tommaso, Davide…Forse l’uomo sussurrò queste parole, forse il bambino disse la preghierina per quegli angeli coraggiosi…il bambino di allora oggi non lo ricorda, ma quel giardino, in cui i fiori erano di marmo non l’ha dimenticato. Sì, non l’ho dimenticato, e il mio viaggio comincia da quel ricordo con mio padre. Ora so che era il Sacrario di Mignano di Montelungo, in provincia di Caserta, e la battaglia fu quella di Monte Cassino del dicembre 1943.

Il sacrario di Marina di Minturno

Appena sotto l’Abbazia di Monte Cassino, vi è un altro cimitero-giardino con 1100 fiori di marmo, ragazzi polacchi, di quella terra che i nazisti di Hitler e gli assassini di Stalin si erano divisi senza pietà.

Il cimitero polacco a Cassino

Da Cassino, la superstrada per Formia porta verso il mare, verso Marina di Minturno dove, sull’Appia, ci attende un altro giardino, a poca distanza dal mare del Golfo di Gaeta. Un lungo viale come per un tempio, alti alberi allineati per un sublime saluto. E in fondo 2049 fiori bianchi, su cui i raggi del sole radente del tramonto hanno come acceso lampade di luce.

Il Cimitero inglese a Marina di Minturno

Fiori di marmo al cui centro vedi volti giovani con un sorriso sulle labbra e con la forza del coraggio negli occhi.  I loro nomi sono John, Charles, Philip, Tom, David, nomi di ragazzi inglesi, che sul mare di Marina di Minturno diventarono fiori di marmo nel 1944 per un’Europa libera e democratica. E troveremo lo stesso sorriso e lo stesso coraggio nei ragazzi francesi nel cimitero di Monte Mario a Roma.

Il cimitero francese di Monte Mario a Roma
Ma dobbiamo fermarci anche ad un altro giardino, con pietà e comprensione. Quello in cui ci sono oltre 30.000 ragazzi tedeschi mandati a morire nel nome di un incubo. Anche loro furono giovani strappati alle loro famiglie, per la sete di potere di Hitler, un sanguinario che l’Europa voleva schiacciarla.
Veduta aerea del cimitero germanico della Futa

Il loro giardino speciale è sulla Futa, sull’ Appenino Tosco-Emiliano. Neppure loro dobbiamo dimenticare. Italiani, inglesi, polacchi, francesi e anche tedeschi, giovani di questa Europa, del vecchio continente in cui è nata la democrazia e dove dobbiamo difenderla sempre.

L’ingresso del cimitero germanico della Futa

Dobbiamo ricordarci di questi giardini di coraggio e di speranza sperando che non ci siano più giardini in cui i giovani europei diventino fiori di marmo, per difendere l’Europa, la patria comune dove nacque la democrazia.

 




I 10 spettacoli naturali più belli del mondo

Quante volte vi siete sorpresi di fronte allo spettacolo della natura? Laghi, tramonti, deserti, formazioni rocciosi, panorami mozzafiato, colori che sembrano attinti dalla tavolozza di un pittore. Ma, a volte, la realtà supera la fantasia. E questa settimana, nella nostra rubrica TOP 10, siamo andati alla ricerca dei 10 spettacoli naturali più belli del mondo. E vi diciamo già che sceglierne solo 10 è stata un’impresa.

1. L’aurora boreale

Chi l’ha vista dal vivo giura che non esiste al mondo spettacolo più bello. E non possiamo che essere d’accordo. L’aurora boreale è una danza di strisce luminose, dai colori che spaziano dal verde all’azzurro al bianco, ma anche dal rosso al magenta (più rare). Il fenomeno è dato quanto il vento solare, cioè un flusso di particelle, protoni o elettroni, vengono attirate dal campo magnetico della Terra verso uno dei due Poli e vengono a contatto con la ionosfera terrestre. Una curiosità: il nome corretto del fenomeno è “aurora polare”, che assume quello di aurora boreale, quando si verifica nei pressi del Polo Nord, e di aurora australe, quando è visibile vicino al Polo Sud. Le aurore più belle e famose si possono ammirare in Islanda, Finlandia, Svezia e Norvegia tra metà settembre e metà aprile.

2. Cappadocia (Turchia)

Con il suo paesaggio surreale, che sembra creato da un mago degli effetti speciali, la Cappadocia, una regione semi arida della regione dell’Anatolia centrale, in Turchia, è sicuramente uno dei paesaggi naturali più suggestivi del mondo.  È caratterizzata dai famosi “camini delle fate”, formazioni rocciose dalla forma conica color miele, creata dal raffreddamento della lava di una grande eruzione vulcanica, circa 60 milioni di anni fa. Oggi, la Cappadocia è una delle zone più visitate della Turchia e, attorno ai “camini”, sono sorti resort a cinque stelle, persino all’interno dei camini o di grotte, ristoranti e locali, pronti ad accogliere i turisti che arrivano qui. Tra le attrazioni anche le splendide chiese rupestri bizantine e le città sotterranee. Ogni giorno, poi, circa 150 mongolfiere si alzano in volo per ammirare dall’alto, attraverso un volo lento, questo spettacolo della natura.

3. Atacama, il deserto fiorito (Cile)

È un fenomeno raro e spettacolare, soprattutto perché si verifica ogni sette anni (circa). È il deserto fiorito di Atacama, nel Cile settentrionale. Questa area di 105 kmq, situata tra la cordigliera delle Ande e la cordigliera della costa pacifica è considerata la più arida della Terra, perfino più della Death Valley. Sul suo cielo non si formano mai nubi, quindi piove molto di rado. Quando accade, però, il deserto si ricopre di fiori rosa, appartenenti a circa 200 specie diverse. Le volte in cui si è manifestato il raro fenomeno si contano sulla punta delle dita. L’ultima è stata nel 2017 quando sono caduti 95 mm di acqua. Nel 2020 le precipitazioni si sono notevolmente ridotte. Tuttavia, piante e fiori sono nate ugualmente, consentendo anche la ripopolazione del lama selvatico, che si nutre di guanaco. Gli abitanti del luogo, poi, quando il deserto fiorisce, raccolgono i fiori e li utilizzano per confezionare composizioni e biglietti beneauguranti.

4. Il Deserto di Sale (Bolivia)

Nella nostra TOP 10 entra un altro deserto il Salar de Uyuni, il più grande deserto del sale del mondo, con un’estensione di 10.582 kmq, quanto l’Abruzzo, e 10 miliardi di tonnellate di sale. Situato a 3650 metri di altezza, nell’altopiano andino meridionale della Bolivia, è un luogo dall’aspetto quasi magico, dove i contorni si confondono grazie a un singolare gioco di riflessi. Al punto che sembra di camminare sospesi tra il cielo e la terra. Il deserto si è formato circa 40 mila anni fa da un gigantesco lago che, prosciugatosi, ha formato gli attuali laghi Poopò e Uru Uru e due deserti salati, il Salar de Coipassa e, appunto, l’enorme Salar de Uyuni. Un’antica leggenda Inca racconta che qui sarebbero presenti gli Ojos del Salar, “gli occhi di sale”, una sorta di pozze invisibili per il forte riflesso, che in passato inghiottivano uomini e carovane.

5. Le onde fluorescenti di Sidney (Australia)

Un fenomeno del tutto naturale, e innocuo, ma di sicuro effetto, sono le onde bioluminescenti che si possono osservare all’inizio della primavera dalla spiaggia di Manly, vicino a Sidney, in Australia. Al buio, sembra che le onde siano illuminate da tante luci LED. In realtà, si tratta della fioritura di una particolare specie di alghe unicellulari, la Noctiluca scintillans. La rarità del fenomeno è dovuto al fatto che, di solito, avviene in alto mare, ma a volte, a causa di particolari correnti, le alghe luminescenti vengono spinte verso la riva, regalando uno spettacolo romantico e di sicuro effetto. Il fenomeno è stato osservato anche in Tasmania e alle Maldive.

6. Le Montagne Arcobaleno di Zhangye Danxia (Cina)

L’opera di un pittore impressionista? L’installazione di un artista? No, sono le Montagne Arcobaleno, nel Parco Geologico nazionale di Zhangye Danxia, nella provincia di Gansu, in Cina. Il parco si estende per 510 kmq ed è caratterizzato da formazioni rocciose dai colori incredibili, alcune aguzze, altre smussate dal tempo. Gli strati multicolore, che si sono formati nel corso dei secoli dall’erosione dell’arenaria e grazie ai minerali di origine oceanica presenti nella roccia, sembrano mutare e cambiare tonalità a seconda dei giochi di luce e ombra. I colori spaziano dal viola al rosso, dal verde al giallo al grigio, cambiando tonalità sotto la luce solare. Solo la natura poteva realizzare un capolavoro così!

7. La tempesta di fulmini del Catatumbo (Venezuela)

Un altro fenomeno di straordinaria bellezza che ci sentiamo di inserire nella Top 10 sono i Fulmini rossi del Catatumbo, che si verifica in un solo luogo del mondo: sulla foce del fiume Catatumbo, nel punto in cui si riversa nel lago Maracaibo, in Venezuela. Qui i temporali si verificano per 140-160 notti all’anno, per circa 10 ore consecutive, con una media di 280 fulmini all’ora e 1,2 milioni all’anno. Il bagliore rossastro è visibile fino a 400 km di distanza e molti, in passato e nel presente, li considerano un faro naturale per orientarsi. Il fenomeno è dovuto alla particolare conformazione geografica. Il Lago di Maracaibo è situato infatti a ridosso del Mar dei Caraibi ed è circondato a ovest dalla Sierra de Perijà e a est dalla cordigliera delle Ande. Qui si incanalano i venti caldi provenienti dal mare, che tendono a salire verso l’alto, scontrandosi con le correnti fredde delle montagne, formando nubi cariche di elettricità. Il meccanismo dei fulmini, poi, è alimentato dal metano prodotto dalla decomposizione del materiale organico presente sul delta del fiume. Et voilà…Il capolavoro della natura è servito!

8. Le pietre “scivolanti” della Death Valley (USA)

È rimasto per molto tempo un mistero e qualcuno ha tirato in ballo anche il soprannaturale. Invece, il fenomeno delle sliding rocks, che si verifica a Racetrack Playa, nel Parco Nazionale della Death Valley, in California, è del tutto naturale. Qui, infatti, grandi massi, che in alcuni casi arrivano a pesare anche 300 chili, si spostano lasciando sulla superficie fangosa del deserto delle lunghe strisce. La spiegazione è arrivata nel 2014, quando i geologi si sono messi a studiare e a filmare il fenomeno. Racetrack Playa sorge infatti su un lago asciutto e piatto. A spostare i massi sarebbero i sottili strati di ghiaccio che si formano quando la il letto dell’ex lago si riempie di acqua piovana. Un ulteriore fattore sarebbero i venti, che “darebbero la spinta” alle pietre. Il fenomeno si è accentuato negli ultimi decenni a causa dei cambiamenti climatici.

9. L’arcobaleno lunare

Certo, non ha la stessa intensità di colori dell’arcobaleno che siamo abituati a vedere dopo un temporale di giorno, ma l’arcobaleno lunare è un fenomeno naturale molto raro, notturno, che di sicuro colpisce. È generato dalla luce riflessa sulla superficie della luna, anziché quella diretta del sole, e l’arco colorato appare sempre dalla parte opposta dell’astro. Per scorgere l’arcobaleno lunare, le condizioni atmosferiche devono essere ottime, con il cielo scuro e la luna piena. In genere, questi arcobaleni si osservano poco dopo il tramonto o poco prima dell’alba, in prossimità delle cascate, dove le goccioline d’acqua sospese dalla forza del salto permettono di disperdere meglio la luce riflessa della Luna. Gli arcobaleni lunari, infatti, si possono osservare più facilmente presso le maestose Cascate Vittoria, situate tra lo Zambia e lo Zimbabwe, presso le cascate dello Yosemite, in California, ma anche nelle lussureggianti foreste della Costa Rica e alle Hawaii. Proprio nell’isola di Maui, nei pressi di Kaanapali, il 26 febbraio 2013 è stato osservato un doppio arcobaleno lunare.

10. L’eucalipto arcobaleno

Forse è più “discreto” dei fenomeni naturali che lo precedono in questa Top 10, ma abbiamo deciso di inserire anche l’Eucalyptus Deglupta, uno splendido albero dal tronco arcobaleno che può raggiungere i 70 metri di altezza e i 2 di diametro.  La sua caratteristica è il tronco dalle sfumature multicolore, che spaziano dal rosso al viola, dal blu al marrone. Durante la “muta”, infatti, la corteccia si sfalda e lascia emergere quella interna, di colore verde che, tuttavia, al contatto con l’aria, si colora di sfumature variopinte. L’eucalipto arcobaleno è originario delle Filippine, ma si trova anche alle Hawaii, in Indonesia, in Sri Lanka e in Polinesia Francese. Ora chiudete gli occhi e provate a immaginare una foresta multicolor!




I 10 ponti più lunghi del mondo

Mentre si torna a parlare del Ponte sullo Stretto di Messina, questa settimana la rubrica TOP 10 è andata alla ricerca dei 10 ponti più lunghi del mondo. E ha scoperto che sono quasi tutti in Asia. Ecco quali sono.

1.Danyang-Kunshan Bridge (Cina)

Il podio di “ponte più lungo del mondo” va al Danyang-Kushang di ben 165 km. Si trova in Cina e collega Shanghai a Nanjiing, nella provincia di Jiangsu. La sua costruzione è iniziata nel 2006 ed è terminata nel 2010, impiegando più di 10 mila persone, con un costo di 8,5 miliardi di dollari. La sua lunghezza da record è dovuta al fatto di dover attraversare canali, fiumi, laghi e distese di risaie. Per 9 km passa sulle acque del lago Yangcheng. Ogni giorno è percorso da 2 milioni di persone, sia in macchina che in treno.

2. Changkua-Kaohsiung (Taiwan)

Al secondo posto troviamo il Changkua-Kaohsiung a Taiwan, con appena 7 km di differenza dal Danyang-Kushang. Misura infatti 157 km e collega le città di Taipei e Kaohsiung. Completato nel 2007, è una parte fondamentale della linea Taiwan High Speed Rail ed è stato costruito seguendo scrupolosi criteri antisismici, attraversando la zona geografica tra Baguazhang e Zouying ad alto rischio sismico. È percorso ogni giorno da treni ad alta velocità.

3. Cangde Grand Bridge (Cina)

Terzo podio per un altro ponte cinese, il Cangde Grand Bridge, lungo 115 km e 900 metri. Come il Danyang-Kushang si trova anch’esso lungo la linea ad alta velocità Beijing-Shanghai ed è stato completato nel 2010. Il viadotto conta in tutto 3092 pilastri.

4. Tianjin Grand Bridge (Cina)

La Cina domina ancora la nostra TOP 10. Al quarto posto, infatti, troviamo il Tianjin Grand Bridge, lungo 113 km e 700 metri e collega Langfang e Qingxian servendo sia un’autostrada che una linea ferroviaria ad alta velocità. I lavori per la sua costruzione sono iniziati nel 2006 per concludersi nel 2011.

5.Weinan Weihe Grand Bridge (Cina)

Anche il quinto ponte più lungo del mondo si trova in Cina. È il Weinan Weihe e misura poco meno di 80 km. Il viadotto fa parte della Zhengzhou–Xi’an High-Speed Railway e quando fu inaugurato, nel 2008, per poco detenne il titolo di “ponte più lungo del mondo”. Attraversa il fiume Wei, uno dei fiumi più importanti e lunghi della Cina, collegando Zhebgzhou e Xian.

6. Hong Kong-Zhuhai-Macao Bridge (Cina)

Sesto posto per un altro ponte cinese, il Hong Kong-Zhuhai-Macao Bridge che collega Hong Kong, Zhuhai e Macao ed è lungo 55 km e 717 metri. Il ponte è stato inaugurato nel 2017 dopo 8 anni di lavori, utilizzando 400 mila tonnellate di acciaio e con un costo di circa 7 miliardi di dollari. Tra le sue particolarità c’è la sua forma che ricorda quella di un dragone cinese e un tunnel sottomarino di 7 km incluso nel suo percorso.

7. Bang Na Expressway (Thailandia)

Al settimo posto troviamo il primo ponte non cinese, il Bang Na Expressway, in Thailandia. È lungo 54 km ed è stato il ponte più lungo del mondo fino al 2004. Il progetto del 1994 è dell’architetto americano Louis Berger ed è stato completato nel 2000. Il suo percorso si snoda quasi tutto sulla terraferma, a eccezione di un piccolo tratto che attraversa un fiume.

8. Beijing Grand Bridge (Cina)

Torniamo di nuovo in Cina per l’ottava posizione, occupata da Beijing Grand Bridge che si estende per 48 km e 153 metri sulla linea ad altra velocità Beijing-Shanghai. Si trova a Pechino e la sua costruzione è terminata nel 2010. La sua inaugurazione, invece, risale al 2011.

9. Haiwan Bridge (Cina)

Con i suoi 41 km e 850 metri, in nona posizione della nostra TOP 10 della settimana troviamo l’Haiwan Bridge, che collega la città di Qingdao con la sua periferia attraversando la parte settentrionale della baia di Jiaozhou.  Detiene, però, il primato di ponte marittimo più lungo del mondo.

10. Ponte sul lago Pontchartrain (Stati Uniti)

In decima posizione troviamo il primo ponte non asiatico e anche il più “vecchio”. Il Pontchartrain è stato aperto al traffico nel 1956 e completato definitivamente nel 1969 con una spesa di 76 milioni di dollari. È lungo 39 km e collega New Orleans alla sua area urbana, dimezzandone i tempi di percorrenza. Ogni giorno lo attraversano 12 milioni di veicoli, per lo più camion e mezzi pesanti.




Le 10 scalinate più belle del mondo

Alcune sono vere e proprie opere d’arte, altre sono contornate da paesaggi mozzafiato, altre ancora sono famosissime per vicende storiche o come location di film. Torna anche questa settimana le rubrica TOP 10. Questa volta abbiamo provato ad andare alla ricerca delle 10 scalinate più belle del mondo.

1.Estrada Selaròn (Rio de Janeiro, Brasile)

È una scalinata di 125 metri che collega le strade di Joaquim Silva e Pinto Martin, nei quartieri di Lapa e Santa Teresa, a Rio de Janeiro. Il suo vero nome sarebbe Manuel Carneiro, ma è famosa in tutto il mondo con il nome di Estrada Selaròn, dal nome dell’artista cileno che, nel 1990, decise di abbellirla con piastrelle dai colori che omaggiano il popolo brasiliano e la sua bandiera: blu, verde, giallo, per ravvivare una zona della città degradata. La scalinata piacque subito moltissimo, soprattutto gli stranieri, e qui cominciarono a essere girati spot pubblicitari e film.

Si dice che Selaròn era talmente ossessionato dalla sua opera da arrivare a vendere tutti i suoi quadri per acquistare le piastrelle per decorarla, circa 2000. Ma, a mano a mano che la fama della sua scala aumentava, la gente faceva a gara a donare altre piastrelle. Oggi, si stima che provengano da 60 paesi diversi. L’ossessione di Selaròn si protrasse fino alla sua morte: nel 2013 fu trovato morto proprio sulle “sue” scale, in circostanze misteriose.

2.Scalinata di Piazza di Spagna (Roma, Italia)

È sicuramente una delle scalinate più belle e famose del mondo, nonché uno dei simboli di Roma. La celeberrima Scalinata di Piazza di Spagna è stata inaugurata nel 1725 da Papa Benedetto XIII in occasione del Giubileo e il suo nome si deve alla presenza dell’Ambasciata Spagnola. Conduce alla Chiesa di Trinità dei Monti e conta 135 gradini. Ha fatto da sfondo a numerosi film, sia italiani che stranieri, e ha ospitato eventi e sfilate di moda degli stilisti più famosi. In primavera, viene decorata con coloratissime azalee, mentre nel periodo natalizio qui viene allestito uno splendido presepe del 19° secolo.

3.16th Avenue Tiled Steps (San Francisco, USA)

Inaugurata il 27 agosto 2005, la 16th Avenue Tiled Steps di San Francisco, è un capolavoro di 163 gradini, realizzata interamente a mosaico, composta da più di 2000 tessere fatte a mano, per un totale di 75 mila frammenti di piastrelle. I pannelli, uno per ogni scalino, separati tra loro, sono 163. I mosaici creano splendidi giochi di luce. Anche questa scalinata è nata per abbellire un angolo della città, quella del Golden Gate Heights Neihborhood, grazie a un progetto nato nel 2003 che ha visto la collaborazione degli artisti Jessie Audette ed Alice Yee Xavier con tutti gli abitanti del quartiere.

4.San Juan de Gaztelugatxe (Paesi Baschi, Spagna)

Una scalinata di 241 gradini che sembra uscita da un film, anzi, da una serie Tv. Se siete appassionati del genere, forse l’avrete già vista: compare infatti nella settima stagione del Trono di Spade, dove, per la sua bellezza, questa isola collegata alla terraferma da un ponte, che poi si trasforma nella scalinata e porta a un eremo sul promontorio era Dragonstone (Roccia del Drago), dove la famiglia Targaryen viveva dopo l’esilio. Nella realtà, si trova sull’isola di Gaztelugatxe, lungo le coste della Biscaglia, nei Paesi Baschi. Il ponte che la collega alla terraferma è del XIV secolo. La particolarità di questa scalinata è il suo percorso a zig zag per arrivare fino alla chiesa, dedicata a San Giovanni Battista.

5.   El Peñón de Guatapé (Guatapé, Colombia)

Questa scalinata composta da 649 gradini si arrampica su un monolite di roccia alto 2135 metri, El Peñón de Guatapé, nel distretto di Antiochia, in Colombia. Tuttavia, salire fino alla vetta ne vale veramente la pena. Il paesaggio, infatti, è magico e surreale, tra boschi, colline, laghi e una vista che spazia verso l’infinito. La scalinata è stata costruita lungo la parete settentrionale del monolite, sfruttando una frattura della roccia. A circa metà, si trova un tabernacolo dedicato alla Madonna, mentre, in cima, è stata costruita una torretta a tre piani per ammirare al meglio lo spettacolo del panorama circostante. Qui si trovano anche alcuni negozi.

6.   Lion Rock (Sigiriya, Sri Lanka)

La scalinata fa parte del sito archeologico dell’antica Sigiriya, dichiarato dall’UNESCO Patrimonio Mondiale dell’Umanità. Per raggiungere la cima della roccia, un monolite di origine vulcanica alto 200 metri, dove si trovano i resti di un palazzo reale costruito durante il regno di re Kashapa (477-495 d.C) è necessario salire ben 1200 gradini! Tuttavia, mentre la prima parte del percorso è adatto a tutti, giunti circa a metà, segnalata da due imponenti zampe di leone, il sentiero si fa più complicato, con parti di scalinata che collegano spaccature nella roccia, passaggi stretti e passerelle. Un tratto è caratterizzato da una scala a chiocciola, rinchiusa in una gabbia verticale di protezione. Una volta arrivati in cima, si potrà ammirare una vista mozzafiato e visitare le antiche rovine del palazzo. Lungo il percorso, invece, si possono vedere da vicino alcuni affreschi incredibili sulla parete rocciosa.

7.Scala Elicoidale dei Musei Vaticani (Città del Vaticano)

Un capolavoro di architettura e di arte che entra di diritto nella TOP 10 è la Scala Elicoidale dei Musei Vaticani, o Scala Momo, dal nome dell’architetto che la progettò, Giuseppe Momo. La scala è formata da due scale separate, una che sale e una che scende, e si intrecciano fino a formare una doppia elica. La loro struttura è tale che non si incontrano mai, in modo da facilitare la salita e la discesa dei visitatori. Elegante e simmetrica, la scala elicoidale è stata commissionata da papa Pio XI, nel 1929, e inaugurata il 7 dicembre 1932. Per realizzarla, Momo si è ispirato a quella del Pozzo di San Patrizio di Orvieto, opera del Sangallo. Il Papa intervenne personalmente nel progetto. In origine, infatti, la scalinata era prevista all’esterno, ma il Pontefice volle invece che fosse costruita all’interno, scavando un pozzo nel terrapieno.

8.Inca Stairs (Machu Picchu, Perù)

Un’altra scalinata mozzafiato è l’Inca Stairs, che si trova a Machu Picchu, in Perù. È letteralmente scolpita nella roccia e risale a circa 500 anni fa. Ripida e scivolosa, conduce allo splendido Tempio della Luna, a 2693 metri di altezza. In alcuni punti, per rendere più agevole la scalata, sono stati inseriti dei corrimano di metallo. Tuttavia, se la salita è faticosa, la discesa non è adatta per chi soffre di vertigini. L’inclinazione della scalinata, infatti, in alcuni punti arriva anche al 60%. Arrivati in cima, si può ammirare un panorama da togliere il fiato.

9.Pailon del Diablo Waterfall (Baños de Agua Santa, Ecuador)

Questa scalinata spettacolare, perfetta fusione tra la natura e il lavoro dell’uomo, si trova nella località di Baños de Agua, in Ecuador. Il suo nome, Pailon del Diablo, significa “Calderone del Diavolo” e fa riferimento alla rombante cascata, immersa in un panorama tropicale mozzafiato. I gradini sono formati da ciotoli, che nel corso degli anni sono stati levigati sia dal passaggio delle persone che dall’azione delle acque ed è molto scivolosa. Inoltre, guardando verso il basso, una volta arrivati in cima, per un’illusione ottica si ha l’impressione che i gradini si siano trasformati in un lunghissimo scivolo. Lungo il percorso, poi, sono dislocate alcune piattaforme che consentono di fermarsi per ammirare lo spettacolo della cascata da varie angolazioni e il panorama sulle colline.

10. Half Dome (Yosemite Park, California USA)

Chiudiamo la nostra TOP 10 di questa settimana con una dei simboli del Parco Nazionale dello Yosemite, in California: la scalinata che conduce alla cima dell’Half Dome. Ripidissima e impegnativa, non è di certo per tutti e vanta 400 gradini. Per arrampicarsi fino alla vetta è necessario avere un buon allenamento fisico, inoltre, la salita è contingentata dal rilascio di un permesso, per un massimo di 300 persone al giorno. Arrivare fino alla cima, tuttavia, ne vale la pena. Da lassù, infatti, si può ammirare lo splendido panorama della Yosemite Valley e della High Sierra.




I 10 giardini più belli del mondo

Passeggiare nel verde, ormai è noto, ha un effetto rilassante sul corpo e sulla mente, così come prendersi cura di un orto o di un giardino. Nei secoli, reali, nobili, ma anche poeti, scrittori e gente comune hanno riservato spazi al giardino. Alcuni, naturalmente, hanno pensato più in grande. Ma quali sono i 10 giardini più belli del mondo? Siamo andati a cercarli per la nostra rubrica TOP 10. E, anche questa volta, l’impresa di sceglierne solo 10 non è stata facile.

1. Giardini di Versailles (Parigi – Francia)

Il gradino più alto del podio spetta ai meravigliosi Giardini della Reggia di Versailles, a poca distanza da Parigi. Inaugurati il 6 maggio 1682, fanno parte dei siti Patrimonio dell’Umanità UNESCO dal 1979. Gli sterminati giardini si estendono su circa 815 ettari di terreno, a ovest dell’omonima reggia, e sono stati commissionati da Luigi XIV, il famoso “Re Sole”, e progettati dal celebre architetto paesaggista André Le Nôtre.

Lo stile è quello del classico giardino “alla francese” caratterizzato da ordine e simmetria. I lunghi prati sono intervallati da percorsi che conducono ad aiuole e ad angoli tranquilli, caratterizzati da fontane, sculture e giochi d’acqua. Il re era solito spostarsi in gondola su un canale per raggiungere anche i punti più lontani. Ogni anno vengono visitati da 6 milioni di persone. Un primo posto meritato per giardini che, letteralmente, hanno fatto la Storia.

2. Giardini di Villa Este (Tivoli – Italia)

Commissionati nel XVI secolo dal cardinale Ippolito II d’Este e progettati da Pirro Ligorio, i giardini di Villa d’Este, a Tivoli, appena fuori Roma, sono stati annoverati dall’UNESCO tra i 31 siti storico-artistici più importanti d’Italia. Sono Patrimonio dell’Umanità dal 2001. I giardini stupiscono chiunque li visiti per la prima volta per il suo complesso di fontane, molte delle quali ricoperte di muschio, che aggiunge fascino e mistero.

Tra le più celebri ci sono la Fontana del Bicchierone, dove l’acqua scorre da un grande bacino a forma di conchiglia, la Fontana della Rometta, una piccola Roma in miniatura con Romolo, Remo e la Lupa, le Cento Fontane con bacini, sculture a forma di gigli e teste di animali e una piccola barca spruzzano acqua ma, soprattutto, la Fontana musicale, in grado di produrre spontaneamente suoni unici e suggestivi.

3. Royal Botanic Gardens di Kew (Richmond, Surrey – Inghiterra)

Situati a 16 km da Londra, i Royal Botanic Gardens di Kew sono nati nella seconda metà del Settecento e ampliati negli anni successivi. Patrimonio UNESCO dal 2003, sono famosi in tutto il mondo per ospitare più di 50 mila piante, tra cui alcune specie rare o in via di estinzione, e per la Temperate House, la più grande serra vittoriana del mondo, costruita tra il 1859 e il 1869.

Dislocata su un’area di 4880 mq, custodisce piante delle zone temperate del mondo, tra cui spicca la più grande palma indoor del mondo. Fanno parte del complesso anche la Bonsai House, con esemplari di 150 anni, la Palm House, sotto il cui tetto spiovente si trovano baobab, alberi di vaniglia e altre esemplari provenienti da dieci zone climatiche diverse. Presso il Queen Charlotte’s Cottage e nell’Orangery, invece, ci si può fermare per un pic-nic…reale.

4. Powerscourt Gardens (Enniskerry, Irlanda)

Quarto podio per i Powerscourt Gardens di Enniskerry, nella contea di Wicklow, a sud di Dublino, in Irlanda, caratterizzati da cascate, prati, padiglioni, pergolati e dettagli di rara bellezza. Si estendono su 19 ettari e sono stati costruiti tra il 1731 e il 1741 insieme alla meravigliosa villa in stile palladiano. Il committente fu il giovane Mervyn Wingfield, settimo visconte di Powerscourt, che ad appena 21 anni ereditò la proprietà di famiglia.

Si mise subito all’opera per restaurare il castello del XIII secolo e farne una splendida villa nobiliare e per i giardini si affidò all’architetto tedesco Richard Cassels. Una parte dei giardini è ispirato a quelli italiani del Rinascimento, mentre in molti aspetti il modello furono i giardini della Reggia di Versailles e altri di ispirazione europea. Wingfield decise poi di creare all’interno della tenuta anche un giardino zen giapponese dove riprodurre la cultura orientale. Non si fece mancare nemmeno un cimitero per seppellire i suoi amati animali domestici.

5. Butchart Gardens (Victoria, Columbia Britannica, Canada)

Entrano nella TOP 10 anche i meravigliosi Butchart Gardens, che si trovano sull’Isola di Vancouver, vicino a Victoria, nella Columbia Britannica. La loro storia è davvero singolare. Infatti, sorgono nel luogo dove, nella seconda metà dell’Ottocento, si trovava una cava di pietra calcarea. Nel 1904, tuttavia, la cava non aveva più valore. Fu Jennie Butchart, moglie del proprietario della Portland Cement, che intuì il potenziale del luogo.

Fece ricoprire la cava con il terreno prelevato da alcune fattorie nelle vicinanze e ne fece un meraviglioso giardino che si sviluppa su un’area di 22 ettari. Da più di cento anni il “giardino di Jennie” attrae visitatori provenienti da tutto il Canada, e non solo.  Le fioriture delle più di 700 varietà di piante lo colorano da marzo a ottobre, mentre sono ben 50 i giardinieri assunti a tempo pieno che si occupano dei giardini e delle 26 serre.

6. Dumbarton Oaks (Washington D.C., Stati Uniti)

Situati a nord della città di Georgetown, uno dei quartieri più esclusivi di Washington D.C., i giardini della tenuta di Dumbarton Oaks sono considerati tra i più belli del mondo. Circondano la villa del XIX secolo, frutto dell’amore dei proprietari per la storia e l’archeologia. Tutta la struttura, infatti, ricorda lo stile bizantino, che tuttavia si mescola con il moderno.  Si estendono su 4 ettari e, tra il 1922 e il 1947 si sono ulteriormente modificati e abbelliti grazie alla proprietaria, la Mrs Woods Bliss, che affidò i lavori all’architetto Beatrix Farrard.

Nei giardini si trova anche una ricchissima biblioteca. Spiccano le viti che si arrampicano sui muri di pietra che abbracciano la Fountain Terrace, mentre Lover’s Lane conduce a un anfiteatro romano costruito attorno a una piscina dalla pavimentazione di un profondo blu.

7. Parco Botanico Keukenhof (Lisse, Paesi Bassi)

Il suo nome significa, letteralmente “cortile della cucina”, poiché nel XV secolo, il terreno dove ora sorge il Parco Botanico Keukenhof apparteneva alla contessa Jacoba Van Beierené, che lo aveva adibito a caccia e coltura di prodotti agricoli per rifornire le cucine del suo cancello. Oggi, invece, il Keukenhof di Lisse, a 35 km da Amsterdam, nella parte meridionale dell’Olanda, è il più grande parco di fiori a bulbo del mondo e uno dei più fotografati in assoluto in Europa. La ragione?

I suoi 7 milioni e mezzo di tulipani, in 100 varietà diverse, oltre a narcisi, muscari e giacinti, 2500 alberi di 87 specie diverse. Il tutto immerso in un paesaggio fiabesco che include un lago, diversi canali, vasche, fontane, sculture e persino un mulino a vento. La struttura corrisponde al progetto del giardino in stile inglese degli architetti paesaggisti Jan David e Louis Paul Zocher, che ricevettero la commissione dai baroni Van Pallandt. Il parco è invece stato istituito nel 1949 su iniziativa del sindaco di Lisse, che organizzò una esposizione floreale dal successo così grande che la municipalità decise di farne un appuntamento fisso.

8. Giardini di Monet (Giverny, Francia)

I Giardini di Casa Monet, a Giverny, una cittadina che sorge sulla riva destra della Senna, in Normandia, sono un capolavoro di arte, storia e natura. A questi paesaggi, infatti, sono ispirati molti dipinti, tra cui la celebre serie “Ninfee” del maestro dell’Impressionismo, che qui visse dal 1883 alla sua morte, avvenuta nel 1926. Oggi i numerosi visitatori possono immergersi nelle atmosfere ritratte nei dipinti di Monet.

La disposizione dei fiori, infatti, è rimasta la stessa. Meravigliosi i colori e il giardino d’acqua dove crescono le ninfee, sormontato dal “ponte giapponese”. La presenza di Monet a Giverny attirò molti artisti dell’epoca, provenienti da diversi paesi d’Europa, che contribuirono a fare del suo giardino un luogo quasi di culto. Qui si trova anche il Museo dell’Impressionismo Giverny e la Casa Natale del pittore.

9. Giardini Sanssouci (Potsdam, Germania)

Nella TOP 10 anche i Giardini di Sanssouci di Potsdam, in Germania, fatti costruire da Federico II di Prussia nel 1745. Il nome deriva dal termine francese sans souci, cioè “senza preoccupazioni”, perché qui il sovrano desiderava trascorrere momenti di completo relax e tranquillità. I giardini circondano la residenza di Sanssouci ed entrambi sono stati dichiarati dall’UNESCO Patrimonio dell’Umanità nel 1990.

Lo stile è quello del giardino francese barocco, un parco che si estende per 280 ettari, e comprende zone erbose, aiuole di fiori, alberi e siepi. Vi furono piantati più di tremila alberi da frutto, tra aranci, meloni, banani e peschi. Inoltre, sono presenti numerose serre. Presso la porta di ingresso si trovano invece le statue di Flora e Pomona.

10. Giardino botanico di Nong Nooch (Pattaya, Thailandia)

Chiude la nostra TOP 10 il Giardino botanico tropicale di Nong Nooch di Pattaya, il più visitato della Thailandia. Infatti, non è solo un’attrazione turistica, ma anche un centro di ricerca per lo studio delle cicadee, una pianta da seme che assomiglia alla palma e che risale a 280 milioni di anni fa. La storia del Giardino è piuttosto singolare.

Il terreno, di 250 ettari, fu acquistato alla fine del XX secolo per farci una piantagione, ma i proprietari si resero conto che poteva essere più utile farne un giardino botanico per preservare fiori e piante, soprattutto rari. È suddiviso in varie aree, tra cui un giardino francese, uno europeo, il giardino Stonehenge, uno dedicato alle orchidee. Inoltre, vi si svolgono spettacoli e cerimonie. I visitatori, poi, possono fare anche amicizia con i mansueti elefanti del parco.