Dozza: Un gioiello medievale tra arte e vino in Emilia-Romagna

Situato a circa 35 km da Bologna, il borgo medievale di Dozza si erge su una collina che domina la valle del fiume Sellustra, offrendo panorami mozzafiato sui colli circostanti. Riconosciuto come uno dei “Borghi più Belli d’Italia”, Dozza è celebre per la sua fusione unica di arte, storia e cultura enogastronomica. Passeggiare per le sue strade significa scoprire un borgo vivo, dove il passato si intreccia con la creatività contemporanea.

Dozza: Un gioiello medievale tra arte e vino in Emilia-Romagna

I Murales: Arte a cielo aperto

Una delle principali attrazioni di Dozza sono i murales che adornano le facciate delle case. Ogni due anni, a settembre, il paese ospita la Biennale del Muro Dipinto, un evento che trasforma l’intero borgo in una galleria a cielo aperto. Questi murales, realizzati da artisti nazionali e internazionali, raccontano storie e tradizioni locali, donando al borgo un fascino unico e colorato. Per maggiori informazioni sull’evento, visita collibologna.it.

Dozza: Un gioiello medievale tra arte e vino in Emilia-Romagna

La Rocca sforzesca e l’enoteca regionale

La Rocca Sforzesca, edificata nel XIII secolo e successivamente ampliata, è un altro simbolo del borgo. All’interno della fortezza si trova il Museo della Rocca, che conserva mobili d’epoca, prigioni e camminamenti di ronda. La vista dalla torre principale è impareggiabile, offrendo uno scorcio sui colli bolognesi. La Rocca ospita anche l’Enoteca Regionale dell’Emilia-Romagna, situata nelle sue cantine storiche. Qui è possibile degustare una vasta selezione di vini locali e partecipare a eventi dedicati all’enologia regionale. Per saperne di più, visita collibologna.it.

Dozza: Un gioiello medievale tra arte e vino in Emilia-Romagna

Sapori autentici dell’Emilia-Romagna

La cucina locale riflette l’autenticità dell’Emilia-Romagna. Tra i piatti imperdibili ci sono le tagliatelle al ragù, i tortellini in brodo e le crescentine, piccoli scrigni di gusto da accompagnare con salumi e formaggi locali. Tra i ristoranti consigliati, il Ristorante La Scuderia si distingue per il suo menù che combina tradizione e modernità. La Trattoria del Borgo offre un ambiente rustico con pasta fatta in casa e piatti di carne tipici della regione, mentre l’Enoteca della Rocca propone taglieri di salumi e formaggi locali accompagnati da ottimi vini regionali.

Dozza: Un gioiello medievale tra arte e vino in Emilia-Romagna

Escursioni nei dintorni

Nei dintorni di Dozza si trovano altre mete interessanti. Imola, famosa per il suo autodromo e per un centro storico ricco di monumenti, merita una visita, così come Castel San Pietro Terme, rinomata località termale perfetta per una giornata di relax. Per gli amanti della natura, i dintorni del borgo offrono dolci colline coltivate a vigneti e frutteti, ideali per escursioni a piedi o in bicicletta.

Dozza è una destinazione imperdibile per chi vuole immergersi in un’atmosfera dove storia, arte e sapori autentici si fondono armoniosamente. Una visita qui regala emozioni autentiche e la possibilità di scoprire uno dei gioielli più affascinanti dell’Emilia-Romagna, e non può mancare nella nostra rubrica WeekendItaly

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Alla scoperta del Bello e del Buono in 10 borghi: Rocca Imperiale e Castelsardo

Quinta e ultima puntata del nostro viaggio alla scoperta di 10 borghi italiani “del bello e del buono”, in cui storia, arte, monumenti e tradizione si abbinano alla cucina locale e ai prodotti tipici. Ogni giorno ve ne presentiamo due, per un totale di 5 puntate che vogliono anche essere un suggerimento per un weekend o una gita fuori porta. Oggi vi presentiamo Rocca Imperiale (CS) e Castelsardo (SS)

di Beba Marsano

ROCCA IMPERIALE (Cosenza)

Lo chiamano “il paese dei limoni” questo borgo dell’alto Ionio Cosentino dalle intatte atmosfere medievali, sorvegliato dalla mole formidabile e intimidatoria del Castello Svevo, tutto torrioni, arcate, fornici, scaloni, e scelto da Pupi Avati per ambientarvi Le nozze di Laura, tv movie del 2015 ispirato alle nozze di Cana. A quattro chilometri dal centro storico, la frazione Marina vanta una tra le più belle spiagge di Calabria: una lunghissima lingua di sabbia dorata protesa verso il confine lucano.

Da gustare. Piatto simbolo di Rocca Imperiale (famosa per l’omonimo limone IGP) sono i frizzuli con la mollica al sugo di salsiccia; una pasta lunga di grano duro a sezione quadra insaporita dalla stessa polvere di peperone utilizzata nella preparazione della salsiccia. Popolarissimi anche i laganelli serviti con un condimento a base di ceci e pomodoro e quelle frittelle di pasta lievitata che qui chiamano crispi.

Frizzuli con la mollica

CASTELSARDO (Sassari)

In posizione superba al centro del golfo dell’Asinara, Castelsardo è splendida città d’arte (da vedere la smagliante pala del Maestro di Castelsardo nella concattedrale di Sant’Antonio Abate), famosa nel mondo per i riti della Settimana Santa. Una tradizione secolare, portata avanti dalla confraternita di Santa Croce fin dal XVI secolo. Giornata cruciale è quella del lunissanti, durante la quale si effettua un affollato pellegrinaggio alla vicina basilica di Tergu.

Da gustare. Borgo di pescatori, Castelsardo si distingue per una cucina spiccatamente di mare. Fiore all’occhiello l’aragosta, cucinata alla Castellanese (in un soffritto cui si aggiungono sugo di pomodoro, peperoncino, limone, le uova dell’aragosta stessa più la parte scura della testa) e all’Aragonese (in una salsa cremosa a base di aglio, olio, limone, prezzemolo, capperi e uova sode). Altro piatto tipico Sa Cassola, una zuppa di pesce del golfo. Tutto da accompagnare con un buon Vermentino di Sardegna.

Aragosta alla castellanese




Alla scoperta del Bello e del Buono in 10 borghi: Sant’Agata de’ Goti e Procida

Quarta puntata del nostro viaggio alla scoperta di 10 borghi italiani “del bello e del buono”, in cui storia, arte, monumenti e tradizione si abbinano alla cucina locale e ai prodotti tipici. Ogni giorno ve ne presentiamo due, per un totale di 5 puntate che vogliono anche essere un suggerimento per un weekend o una gita fuori porta. Oggi vi presentiamo Sant’Agata de’ Goti (BN) e Procida (NA).

di Beba Marsano

SANT’AGATA DE’ GOTI (Benevento)

Conosciuta come “perla del Sannio” per l’integrità del centro storico medievale abbarbicato sul ciglione di una rupe di tufo, la città-presepe di Sant’Agata de’ Goti vanta aristocratiche residenze a corte impreziosite da giardini pensili, monasteri e chiese ricche di tesori. Come quella dell’Annunziata, custode di un eccezionale ciclo di affreschi scoperti solo qualche decennio fa dietro una mano di intonaco e considerati tra gli esempi più importanti della pittura tardo-gotica in Campania.

Da gustare. Tipiche di Sant’Agata sono le ‘nfrennule, tarallucci al finocchietto selvatico, ma la cucina è quella sannita, declinata su piatti dai sapori robusti: lo scarpariello (spaghetti alla chitarra con mozzarella, pomodoro, basilico e peperoncino), i paccheri con carciofi di Pietrelcina, arrosti d’agnello di Laticauda, la padellaccia (salsiccette di maiale, peperoni rossi sottaceto, patate, alloro). Tutto annaffiato da vini del territorio, dalla Falanghina all’Aglianico.

Paccheri con carciofi di Pietrelcina

PROCIDA (Napoli)

Con le sue contrade variopinte, le terrazze panoramiche, i cantucci appartati, Procida ha ispirato Elsa Morante (L’isola di Arturo) e fatto da sfondo a più di quaranta film, da Detenuto in attesa di giudizio, con Alberto Sordi in un raro ruolo drammatico, a Il Postino con Massimo Troisi e Philippe Noiret. Da vedere il Museo Civico, l’abbazia di San Michele Arcangelo su un promontorio a picco sul mare e l’antica cittadella carceraria all’interno del formidabile complesso monumentale di Palazzo d’Avalos.

Da gustare. Fiore all’occhiello della cucina locale, l’insalata con i dolci, pregiati limoni di Procida, accompagnati da cipolla, olio, peperoncino, sale e menta. Molto particolare anche la pasta alla “pescatora povera”, condita con alici fresche e peperoncini verdi fritti, due ingredienti immancabili sulle tavole dei pescatori. Tra i dessert della tradizione il casatiello dolce, sorta di ciambella tipicamente pasquale ottenuta con l’utilizzo del lievito madre.

Pasta alla pescatora povera
La quinta e ultima puntata sarà online domani




Alla scoperta del Bello e del Buono in 10 borghi: Città della Pieve e Roccascalegna

Terza puntata del nostro viaggio alla scoperta di 10 borghi italiani “del bello e del buono”, in cui storia, arte, monumenti e tradizione si abbinano alla cucina locale e ai prodotti tipici. Ogni giorno ve ne presentiamo due, per un totale di 5 puntate che vogliono anche essere un suggerimento per un weekend o una gita fuori porta. Oggi vi presentiamo Città della Pieve (PG) e Roccascalegna (CH).

di Beba Marsano

CITTÀ DELLA PIEVE (Perugia)

Perugia celebra con una grande mostra i 500 anni della morte di Pietro Vannucci detto Perugino. Ma è a Città della Pieve, borgo in mattoni a vista su un cocuzzolo ventoso, che il “divin pittore” nacque e lasciò capolavori ancora prodigiosamente custoditi nel silenzio dei luoghi per i quali furono concepiti. Uno per tutti? Il minuscolo Oratorio dei Bianchi, affrescato sulla parete d’altare con una monumentale Adorazione dei Magi, opera tra le più ricche, affollate e preziose di tutto il Rinascimento.

Da gustare. Per rendere in tavole e affreschi il baluginìo dell’oro, pare che Perugino utilizzasse un’eccellenza della sua terra: lo zafferano, che a Città della Pieve si coltiva fin dal XIII secolo e ogni anno, in autunno, è protagonista di Zafferiamo. Una kermesse gastronomica di tre giorni nell’affascinante cornice del centro storico, con show cooking, degustazioni, una mostra mercato e menu a tema nei ristoranti del paese.

ROCCASCALEGNA (Chieti)

Sullo sfondo della Maiella, il villaggio medievale di Roccascalegna (un migliaio di anime) appare come accovacciato ai piedi della scenografica Rocca, costruita su uno sperone di roccia con fianchi a burrone a picco sulla valle del Riosecco, scelta da Matteo Garrone per ambientarvi alcune sequenze del film Il racconto dei racconti – Tale of Tales. Dalla rampa di accesso e dagli spalti del castello si spalanca un’emozionante sequenza di belvedere sullo straordinario paesaggio circostante.

Da gustare. Sulla tavola della zona di Roccascalegna spadroneggiano i cannarozzetti allo zafferano, una pasta corta fatta in casa insaporita con guanciale, ricotta di pecora, pepe e zafferano abruzzese, e la ndocca ndocca, un piatto che nobilita le parti meno pregiate del maiale attraverso una cottura lenta e prolungata e il profumo di spezie locali. I vini sono quelli per cui è nota la regione, dal Pecorino al Trebbiano e al Montepulciano d’Abruzzo.

la ndocca-ndocca si prepara con le parti meno nobili del maiale
La quarta puntata sarà online domani 




Alla scoperta del Bello e del Buono in 10 borghi: Vigoleno e Piobbico

di Beba Marsano

Seconda puntata del nostro viaggio alla scoperta di 10 borghi italiani “del bello e del buono”, in cui storia, arte, monumenti e tradizione si abbinano alla cucina locale e ai prodotti tipici. Ogni giorno ve ne presentiamo due, per un totale di 5 puntate che vogliono anche essere un suggerimento per un weekend o una gita fuori porta. Oggi vi presentiamo Vigoleno (PC) e Piobbico (PU).

VIGOLENO (Piacenza)

Intatta in ogni sua parte, la minuscola Vigoleno è un esempio di borgo fortificato medievale di assoluta bellezza. Circondata da una cinta di mura merlate su cui corre un panoramico camminamento di ronda, è famosa per il castello che la duchessa Maria Ruspoli de Gramont trasformò tra il 1921 e il 1935 in salotto culturale internazionale, frequentato tra i tanti da Gabriele d’Annunzio e dal pittore surrealista Max Ernst. Fu set del film Ladyhawke con Rutger Hauer e Michelle Pfeiffer.

Da gustare. I sapori sono quelli della cucina piacentina. Quindi una ghiotta declinazione di salumi (coppa, pancetta, salame) e primi piatti, tra i quali giganteggiano i pisarei e faśö, gnocchetti di farina e pangrattato conditi con un sugo a base di fagioli, lardo, cipolla e pomodoro. A seguire la pìcula d’ cavall, carne di cavallo finemente tritata, lo stracotto d’asinina, ammorbidito per parecchie ore nel Gutturnio, e il salame cotto, presentato anche come antipasto.

Pisarei e fasò

PIOBBICO (Pesaro e Urbino)

Perla dell’Appennino umbro-marchigiano, la piccola Piobbico è incastonata in uno scenario aspro e potente, dominato dalla mole del monte Nerone e dal Castello dei Brancaleoni. Un complesso enorme, labirintico, già dimora del capitano di Federico da Montefeltro, impreziosito da affreschi manieristi attribuiti a Federico Zuccari e da stucchi cinquecenteschi della scuola di Federico Brandani. Il borgo è noto per ospitare la sede di un club tutto particolare, quello dei brutti.

Da gustare. Una sagra a settembre celebra il piatto identitario di Piobbico, il polentone alla carbonara. Una polenta rustica ben condita con i “suffrangoli”, un particolare sugo di maiale allevato a ghianda, cui si aggiungono macinato di carne vaccina rigorosamente di montagna, aromi, spezie e una spruzzata di vino bianco. A fine pasto d’obbligo un Pruspino, digestivo ad alto tasso alcolico ottenuto da bacche di spino nero, ovvero le prugne selvatiche.

Polenta alla carbonara
La terza puntata sarà online domani 




Alla scoperta del Bello e del Buono in 10 borghi: Lovere e Sabbioneta

Un viaggio alla scoperta di 10 borghi italiani “del bello e del buono”, in cui storia, arte, monumenti e tradizione si abbinano alla cucina locale e ai prodotti tipici. Ogni giorno ve ne presentiamo due, per un totale di 5 puntate che vogliono anche essere un suggerimento per un weekend o una gita fuori porta. Nella prima puntata: Lovere (BG) e Sabbioneta (MN)

di Beba Marsano

Torna la primavera. E il piacere di fughe fuori porta alla scoperta di tesori e sapori della nostra bella, inesauribile Italia. Mete privilegiate, questa volta, dieci borghi gioiello ai margini dell’attenzione mediatica, custodi di centri urbani che sembrano ritagliati da un libro di fiabe, di capolavori dell’arte di ogni tempo, di antiche tradizioni della tavola.

Mantova, Palazzo Ducale

Un invito al viaggio dal lago d’Iseo fino al golfo dell’Asinara in paesi che resistono all’usura del tempo anche attraverso una consapevolezza di unicità e processi di buon governo. Un esempio? La nuova Fondazione Sabbioneta Heritage (nata sul modello di Venetian Heritage), con cui la città ideale di Vespasiano Gonzaga si pone l’obiettivo di conservare e valorizzare il proprio patrimonio storico-artistico per poterlo consegnare intatto al futuro.

LOVERE (Bergamo)

Nelle giornate limpide, la chiostra di monti della Valcamonica fa da sfondo al lago d’Iseo, sequenza di piccole spiagge, speroni di roccia e borghi in grado di serbare sorprese inattese. Come Lovere con la sua Accademia Tadini, severo edificio fronte lago, custode delle collezioni del conte Luigi Tadini. Ci sono porcellane di Meissen, Sèvres, Capodimonte, dipinti di Jacopo Bellini, Giandomenico Tiepolo, Francesco Hayez e l’ultimo capolavoro di Antonio Canova, la Stele Tadini per la morte prematura del figlio di Luigi, Faustino.

Da gustare. In cucina trionfano i piatti a base di pesce di lago – trota, coregone, alborella, luccio, tinca – e la polenta con uccelletti, selvaggina o ragù di animali da cortile. Imperdibili i cansonsei (siamo in territorio bergamasco!), le tipiche mezzelune dal sapore lievemente dolciastro, ripiene di carne, salame, formaggio, pere, amaretti e noce moscata. Ottimi i formaggi, come il taleggio e le robiole. I vini sono quelli della vicina Franciacorta.

Un piatto di cansonsei

SABBIONETA (Mantova)

C’è il sigillo di Vespasiano I Gonzaga su Sabbioneta, la piccola Atene padana edificata a metà Cinquecento, in poco più di trent’anni, come sogno umanistico di città ideale. Inalterata da allora, custodisce il Palazzo del Giardino, intarsiato da delicati trompe-l’oeil e collegato alla Galleria degli Antichi, già sede della collezione d’arte greco-romana del duca, e il Teatro all’Antica di Vincenzo Scamozzi, capolavoro assoluto dell’architetto e scenografo vicentino, discepolo e insieme avversario del Palladio.

Da gustare. Piatto principe della cucina mantovana sono i tortelli di zucca arricchiti con amaretti e mostarda (amatissimi da Gualtiero Marchesi); altro grande classico lo stracotto d’asino, con cui condire – volendo – anche i famosi maccheroncini al torchio. Chi predilige i piatti unici scelga, invece, il riso alla pilota, piatto robusto insaporito con pesto di carne di maiale e coronato dal pontèl, braciola di maiale in umido. Dulcis in fundo la torta sbrisolona, a base di mandorle, uova e scorza di limone.

Risotto alla pilota
La seconda puntata sarà online domani




I 10 borghi italiani da vedere in inverno

di Benedetta d’Argenzio

Con l’arrivo dell’inverno, la nostra bella Italia regala paesaggi di rara bellezza. Come i borghi che, ricoperti da una soffice coltre bianca, e illuminate dalle luci colorate delle feste, assomigliano a tanti presepi di grandezza naturale. Questa settimana, nella nostra rubrica TOP 10, vi proponiamo i 10 borghi innevati da visitare in inverno, da nord a sud.

1.Castelrotto (Bolzano – Alto Adige)

Splendido borgo medievale altoatesino, Castelrotto fa parte della provincia autonoma di Bolzano. La sua posizione, nella Valle d’Isarco, tra la Val Gardena e la Val Tires, inclusa nel territorio del Parco Naturale della Sciliar, lo rende la meta ideale per una pausa culturale per chi si reca a sciare sulla Marmolada o sull’Alpe di Siusi. Quando i suoi muri antichi si coprono di neve, Castelrotto regala atmosfere da fiaba. Qui si parla ancora il ladino e si possono ammirare pregevoli architetture e testimonianze storiche. Tra queste vi è la Chiesa dei Santi Pietro e Paolo, in stile neoclassico, e il campanile barocco, da cui si può ammirare il borgo e il paesaggio circostante. Splendide anche le antiche rovine del Castello di Castelvecchio, che si può raggiungere a piedi. Ogni inverno, poi, qui rivive la tradizione del “matrimonio contadino”.

2. Canale di Tenno (Trento – Trentino)

Meraviglioso borgo medievale, dove il tempo sembra davvero essersi fermato, Canale di Tenno è inserito nella lista dei Borghi Più Belli d’Italia. Tra case di pietra, strette stradine, volte a botte, vicoli e balconcini custodisce un fascino senza tempo. Immerso tra le colline e affacciato sul versante Trentino del Lago di Garda, fin dal Secondo Dopoguerra per la sua bellezza ha attratto artisti da tutta Europa, che venivano qui per farsi ispirare dai suoi scorci. Tra questi vi è il pittore torinese Giacomo Vittone, a cui è dedicata la Casa degli Artisti, ritrovo e alloggio per pittori, scrittori, fotografi e poeti che visitano il borgo. Da non perdere, nel periodo natalizio, i Mercatini di Natale, che con le mille luci colorate trasformano Canale in un magnifico e suggestivo presepe. Da non perdere, poi, nelle vicinanze, un’escursione al Lago di Tenno, le cui acque turchesi e trasparenti sono incastonate tra i boschi. Qui si trova anche la splendida Cascata del Varone.  

3. Poffabro (Pordenone – Friuli Venezia Giulia)

Per la sua bellezza, soprattutto nella versione invernale, Poffabro, piccola frazione nel Comune di Frissanco, in provincia di Pordenone, sorge a 525 metri di altezza sulle Prealpi Carniche ed è noto anche come “Presepio tra i Presepi”, oltre ad essere annoverato tra i Borghi più Belli d’Italia. Camminare tra le sue vie strette, tra casette di pietra tagliate a vivo, balconcini di legno, corti e scalette regala emozioni e scatti suggestivi. Nel periodo natalizio, poi, per le vie del borgo, finestre e porticati vengono allestite decine di piccoli presepi che donano a Poffabro calde atmosfere. Da non perdere il piatto tipico della zona, il frico, patate rosolate in padella, schiacciate e mescolate a formaggio a cubetti.

4. Bobbio (Piacenza – Emilia Romagna)

Bobbio, importante centro della Val Trebbia, nella provincia di Piacenza, sorge sulla riva sinistra del fiume Trebbia, ai piedi del Monte Penice e vanta una lunga lista di riconoscimenti. Tra questi vanta il titolo di “Borgo dei Borghi 2019”, attribuito dalla trasmissione Kilimangiaro di Rai3, è Bandiera Arancione del Touring e nella lista del Borghi più belli d’Italia. Nota fin dal Medioevo come la “Montecassino del Nord” deve l’appellativo alla sua famosa Abbazia, fondata nel 614 d. C dal monaco irlandese San Colombano. Uno dei simboli del borgo è lo splendido ponte romano, a 11 arcate, noto come “Ponte del Diavolo” per la leggenda che narra che proprio qui San Colombano ingannò il maligno. In inverno, Bobbio si copre di una soffice coltre bianca, che gli dona una veste inedita e suggestiva. Da non perdere una visita all’ex Complesso monastico, con la Basilica di San Colombano, nella cui cripta si trovano le spoglie del santo, il Museo dell’Abbazia e il Museo della città, per vedere la Bobbio del passato attraverso un’esperienza multimediale. Tra le eccellenze anche la cattedrale di Santa Maria Assunto, del 1075 d.C con la piazza del Duomo, e il Castello Malaspina. Presso il Museo Azzolini, invece, si possono ammirare capolavori del Novecento, tra cui alcuni De Chirico, Fontana, Rosai e Giò Pomodoro.

5. Mondavio (Pesaro Urbino – Marche)

Anche Mondavio, in provincia di Pesaro Urbino, vanta un posto tra i Borghi più Belli d’Italia e su di esso sventola la Bandiera Arancione del Touring Club. Sorge su un colle, a 20 km dal Mare Adriatico e si trova tra due fiumi, il Metauro e il Cesano. Ancora più bello in inverno, quando la neve ricopre le sue mura di pietra, Mondavio è famoso per la sua Rocca, fatta costruire da Giovanni Maria della Rovere, sublime esempio di architettura militare considerata inespugnabile. Infatti, non avendo subito attacchi, ancora oggi conserva la sua architettura originaria. Edificata tra il 1482 e il 1492, se la si guarda dall’alto, la sua forma ricorda quella di una balestra. Lungo il fossato, poi, è stato ricavato il Parco delle Macchine da Guerra, un’installazione unica nel suo genere dove poter ammirare le riproduzioni fedeli di catapulte, bombarde, catapulte e altre macchine da assedio. All’interno della Rocca roveresca si trova poi anche il Museo di Rievocazione Storica, con scene del Rinascimento. Splendido anche il piccolo Teatro Apollo in stile Liberty e Palazzo Giorgi Pierfranceschi, che collega piazza della Rovere al Municipio.

6. Abbadia San Salvatore (Siena – Toscana)

Nella nostra TOP 10 della settimana c’è anche Abbadia San Salvatore, splendido borgo medievale in provincia di Siena che sorge a 822 metri sulle pendici del Monte Amiata e con una splendida vista sulla Val d’Orcia. Lo sviluppo del borgo è legato all’antica abbazia, fondata nel 750 d.C da Ratchis, re dei Longobardi, e ben presto divenuta centro del potere monastico della zona. Il centro storico, tra stradine, viuzze e vicoletti che regalano scorci suggestivi sulla Val d’Orcia si sviluppa attorno al complesso monastico. Nel periodo natalizio, poi, Abbadia si trasforma in un presepe. Da non perdere la fiaccolata che si tiene ogni anno la Vigilia di Natale e che le è valso il nome di “Città delle Fiaccole”. Fino alla metà degli anni Settanta, poi, il borgo è stato un importante centro minerario per l’estrazione del mercurio. I resti delle miniere si possono ancora vedere salendo verso la cima del Monte Amiata.

7. Scanno (L’Aquila – Abruzzo)

Tra i Borghi più Belli d’Italia, ancora più belli in inverno, troviamo anche Scanno. Situato a 1050 metri di altezza, nell’Alta Val Nure, appena fuori dal territorio del Parco Nazionale di Abruzzo, Lazio e Molise, ha conquistato per la bellezza dei suoi paesaggi e dei suoi scorci, fotografi del calibro di Henri Cartier-Bresson, Mario Giacomelli, Gianni Berengo Gardin e Ferdinando Scianna. Il borgo si raggiunge attraverso una meravigliosa strada con numerosi tornanti che conduce al centro storico. Qui ci si incammina in un dedalo di stradine che passano davanti a vecchie case medievali, palazzi signorili che coniugano le architetture medievali a quelle barocche. Da non perdere il percorso ad anello, detto “ciambella” che parte dalla chiesa parrocchiale e che porta alla scoperta delle antiche botteghe dove ancora oggi si tramanda l’arte orafa e quella del merletto a tombolo. Da non perdere, poi, una ciaspolata sulla neve alla scoperta del lago di Scanno, dall’inconfondibile forma a cuore, considerato il più grande bacino naturale d’Abruzzo.

8. Pietrapertosa (Potenza – Basilicata)

Quando, con il calar della sera, si accendono le prime luci, il borgo di Pietrapertosa, in provincia di Potenza, assume l’aspetto di un suggestivo presente. Incastonato nella roccia delle Piccole Dolomiti Lucane, nel territorio del Parco Regionale di Gallipoli Cognato, si trova a 1088 metri di altitudine ed è il Comune più alto della Basilicata. Deve il suo nome alla grande rupe forata da parte a parte che domina la cittadina. Da non perdere la parte più antica del borgo, che ancora oggi porta l’antico nome saraceno, Arabat. Qui si passeggia fra stradine strette, vicoli ciechi e case addossate le une alle altre, che sembrano uscire dalla roccia scoscesa, creando una sorta di labirinto. Non dimenticate poi di salire fino al castello per ammirare il panorama circostante. Se poi siete tra coloro che amano le esperienze adrenaliniche, non fatevi mancare il Volo dell’Angelo, che consente di “volare” a 120 km all’ora su uno strapiombo a 800 metri di altezza per raggiungere il vicino borgo di Castelmezzano.

9. Roseto Valfortore (Foggia – Puglia)

Entra nella nostra TOP 10 della settimana anche il borgo di Roseto Valfortore, in provincia di Foggia, che sorge su uno scosceso pendio. Deve il suo nome alla rosa canina, che non solo compare nello stemma comunale, ma ancora oggi si coltiva lungo le strade del borgo. Roseto ha un impianto urbanistico di origine medievale I vicoli del centro storico partono tutti da Piazza Vecchia e sono composti da un vicolo più grande, da cui partono le scalinate che portano alle abitazioni, e uno più stretto, che serve per raccogliere l’acqua piovana, secondo una tecnica longobarda. In fondo a ogni vicolo, poi, un tempo era situata una porta che veniva chiusa al tramonto per proteggere gli abitanti. In ogni scorcio del borgo poi, è possibile ammirare l’arte degli scalpellini rosetani, che costituisce il patrimonio artistico più importante del paese. Portali, colonne, bassorilievi realizzati con la pietra della locale cava sono esempi di rara bellezza. Splendide anche le meridiane, gli orologi e l’antichissimo orologio meccanico che si trova sul campanile della chiesa parrocchiale. Il borgo conta pochissimi abitanti e quando le sue strade si ammantano di neve assume un fascino tutto particolare.

10. Bova (Reggio Calabria – Calabria)

Chiude la nostra TOP 10 della settimana il suggestivo borgo di Bova, in provincia di Reggio Calabria. Adagiato sulle pendici dell’Aspromonte, conta solo 500 abitanti e non è facilissimo da raggiungere. Il suo territorio, infatti, si compone di calanchi, fiumare, colline, coste franose e alture. Bova è considerata la capitale della Calabria Greca e punto di collegamento tra l’Aspromonte e la costa ionica. La sua fondazione è immersa nella leggenda. Si dice infatti che il suo nome derivi dal greco vùa, riferito alla presenza di pascoli e di buoi sul monte omonimo. Sarebbe stata una regina di origini armene a guidare il suo popolo fin quassù, facendo della cittadina da lei fondata un importante crocevia di culture e di lingue. Ancora oggi, infatti, si possono vedere nelle architetture del borgo influenze bizantine, normanne e medievali. Quando, poi, qui scende la neve, tutto assume un alone di magia.




In viaggio con Dante. San Leo, il borgo sulla rupe

Nell’anno in cui si celebrano i 700 anni della morte di Dante Alighieri, vi proponiamo un “viaggio” sulle tracce del Sommo Poeta, sia nei luoghi citati nella Divina Commedia, sia in quelli che hanno fatto parte della sua vicenda umana. Dante, fiorentino, ma esule per le sue posizioni politiche, visitò gran parte del Nord Italia, citando molti luoghi anche nelle sue opere.

Questa settimana riprendiamo ancora una volta il Canto IV del Purgatorio, dove Dante cita diversi luoghi d’Italia.

Vassi in San Leo e discendesi in Noli,

montasi su in Bismantova e ‘n Cacume

con esso i pié; ma qui convien ch’om voli;

Purgatorio, Canto IV, 25-27

Dopo avervi parlato di Bismantova e di Noli, questa settimana andiamo a San Leo, in provincia di Rimini, “capitale” storica della Valmarecchia, annoverato tra i Borghi più belli d’Italia, dalla storia lunga e travagliata, di cui sono rimaste numerose testimonianze, tra cui la più famosa sono le “prigioni” del Conte di Cagliostro, celebre alchimista, che qui trovò la morte. Da San Leo passò anche San Francesco d’Assisi e, appunto, Dante.

Dante e San Leo

Che cosa lega il poeta fiorentino a San Leo? Sicuramente deve esserci stato, perché nel celebre verso del Purgatorio lo cita insieme ad altri luoghi “impervi” e di difficile accesso per descrivere una salita piuttosto faticosa. Probabilmente, Dante visitò San Leo durante le sue frequentazioni con Ugoccione della Faggiola, signore della vicina Casteldieci, che era stato podestà ad Arezzo.

Ritratto di Ugoccione della Faggiola

Di fede ghibellina, aveva dato filo da torcere ai Lucchesi e ai pisani, estendendo la sua minaccia a mezza toscana, arrivando a sconfiggere i Guelfi e i Fiorentini nella battaglia di Montecatini, il 29 agosto 1315. Ugoccione sosteneva la causa degli esuli e Dante ripose in lui la speranza di tornare a Firenze, speranza disattesa dagli eventi successivi. Ugoccione si spostò poi in Romagna, poi a Gubbio, fino a diventare uomo di Cangrande della Scala, signore di Verona, che per un certo periodo ospitò lo stesso Dante.

San Leo, fortezza inespugnabile

Il borgo medievale è situato su una grande rupe rocciosa, tra la Repubblica di San Marino e la Riviera di Rimini. Geograficamente “inespugnabile” per le pareti a strapiombo e le robuste fortificazioni, si raggiunge solo attraverso un’unica strada ripida, che taglia in due la montagna e conduce direttamente alla punta più alta dello sperone di roccia: la celebre Fortezza, realizzata nel XV secolo.

In origine, la città si chiamava Monte Feretrus e deriva da un insediamento romano sorto attorno al tempio di Giove Feretrio. Oggetto di contesa per la posizione strategica nel corso dei secoli, è stata conquistata definitivamente nel 1441 da Federico da Montefeltro, che la strappò ai Malatesta, signori della Val Marecchia.

La cella del Conte di Cagliostro

Nel 1631 passò allo Stato Pontificio, che ne fece di fatto un “carcere duro” per detenuti politici o “scomodi”, come il celebre Conte di Cagliostro, che vi morì nel 1795, o Felice Orsini, passato a miglior vita nel 1844.

San Leo, che cosa vedere

Oggi San Leo è un concentrato di testimonianze del suo lungo e glorioso passato. Imprescindibile una visita alla rocca, per ammirare il panorama di tutta la Val Marecchia e sul centro medievale sottostante. Qui si può vedere anche la cella dove morì il Conte di Cagliostro, dopo averci passato gli ultimi quattro anni della sua vita.

Vale la pena poi visitare la bella pieve romanica di Santa Maria Assunta, attorno alla quale si sviluppa il nucleo medievale. Originaria dell’epoca carolingia, è stata poi ricostruita in stile romanica, tra il VIII e il X secolo. Nel 1173, è stata poi eretta anche la cattedrale, in stile romanico lombardo, costruita in pietra arenaria e con elementi di epoca romana.

La pieve romanica di Santa Maria Assunta

Accanto, si trova la possente torre campanaria in stile bizantino. In Piazza Dante Alighieri si trovano invece Palazzo Della Rovere, residenza dei conti di Montefeltro prima e dei duchi di Urbino poi, oggi sede del Municipio, Palazzo Nardini, che nel 1213 ha ospitato San Francesco, mentre il Palazzo Mediceo, ospita oggi il bel Museo di Arte Sacra, che conserva dipinti, sculture e arredi dal XIV al XVIII secolo. In fondo alla piazza si trova anche la bella chiesa della Madonna di Loreto. 

Il Duomo di San Leo

Non dimenticate poi di gustare i prodotti tipici della Val Marecchia. Tipico di San Leo è il Balsamo di Cagliostro, un digestivo a base di erbe locali e liquirizia, che si produce ancora alla maniera artigianale. Tra gli altri prodotti da non perdere ci sono anche il miele, il formaggio alle foglie di noce, le ciliegie e le patate della Valmarecchia, il Mandolino del Montefeltro, un salume ricavato dalla spalla del maiale stagionata, il tartufo bianco e nero e i celebri vini di Romagna Sangiovese e Trebbiano. Tra i piatti della tradizione troviamo il coniglio al finocchio selvatico, i Tortelloni di San Leo e la pasticciata alla Cagliostro.

Un prodotto tipico di San Leo, il Mandolino dei Montefeltro

COME ARRIVARE

In auto: A14 (in direzione di Ancona per chi viene da Nord, in direzione Napoli e poi Pescara per chi arriva da Sud). Uscire a Rimini Sud. Seguire per Repubblica di San Marino, poi per Montefeltro e San Leo. Immettersi poi sulla SP per Novafeltria. A Pietracuta di San Leo svoltare a sinistra per San Leo.

DOVE MANGIARE

*Osteria la Corte di Berengario II, via Michele Rosa 74, San Leo (RN), tel 0541/916145, www.osterialacorte.it Locale con 60 coperti di cui 18 situati in un romantico soppalco. Il ristorante, disposto su tre piani e dall’atmosfera storica, tra pietre a vista e travi in legno, offre un menù di piatti tradizionali della Valmarecchia realizzati con ingredienti di produttori locali.

*Ristorante Locanda La Rocca, via Giacomo Leopardi 16, San Leo (RN), tel 0541/916241, www.laroccasanleo.it Locale ricavato in un’ex falegnameria con arredi rustici, travi a vista e pareti di pietra. Propone piatti della cucina romagnola con buona carta dei vini.

DOVE DORMIRE

*Il Castello***, Piazza Dante Alighieri 12, San Leo (RN), tel 0541/916214, www.hotelristorantecastellosanleo.com  In pieno centro storico, in un palazzo del Cinquecento recentemente ristrutturato, dispone di 14 camere, alcune con arredi originali dell’Ottocento e con vista panoramica, tutte con bagno privato, telefono e TV.

*B&B Belvedere, via Pietro Toselli 19, San Leo (RN), tel 0541/916361, www.belvederesanleo.it  A soli 3 minuti a piedi dal centro e dalla Cattedrale di San Leone, offre camere accoglienti con vista sulla valle, TV e Wi fi gratuito. Ricca colazione a buffet. Anche bar e ristorante-pizzeria. Doppia con colazione da € 60, tripla da € 75.

INFO

www.san-leo.it




In viaggio con Dante. Noli, l’antica Repubblica Marinara

Vassi in San Leo e discendesi in Noli,

montasi su in Bismantova e ‘n Cacume

con esso i pié; ma qui convien ch’om voli;

Purgatorio, Canto IV, 25-27

Continua il nostro “Viaggio con Dante”, alla scoperta dei luoghi che sono stati citati nel suo capolavoro assoluto, la Divina Commedia, ma anche quelli che il Sommo Poeta ha visitato personalmente.

Dopo avervi presentato Gradara e Bismantova, questa settimana ci spostiamo in Liguria, in provincia di Savona, dove si trova il borgo medievale di Noli, su cui sventola la Bandiera Blu del Touring e annoverato tra i Borghi più belli d’Italia”.

Ai tempi di Dante, Civitas Nauli era una roccaforte guelfa e Repubblica Marinara dal 1193, alleata di Genova e ai ferri corti con Savona. Dante la visitò nel 1306, mentre si recava in Francia, e rimase talmente colpito dalla sua bellezza da decidere di immortalarla nell’architettura del Purgatorio, sebbene “nascosta” da artefatti poetici.

Visitare Noli sulle tracce di Dante

Visitare Noli, oggi, significa vedere quello che, più o meno, vide lo stesso Dante. Siamo nel Ponente Ligure, tra Capo Noli e Punta Vescovato. Il centro storico è uno splendido esempio di architetture medievali e conserva ancora 72 torri, di cui 8 originali.

Una targa ricorda il passaggio di Dante nella Loggia della Repubblica

Di questa, la Torre di San Giovanni si può visitare. Si cammina per le strade ammirando antichi palazzi nobiliari e la cinta muraria che conduce fino al Castello di Monte Ursino, protetto da due pieghe della montagna e a picco sul mare azzurro.

Il Castello di Monte Ursino con la conta muraria

Seguendo uno splendido portico si arriva poi al Palazzo Comunale, anch’esso di origine medievale, la cui Torre Civica è una delle otto originali rimaste. Tra gli edifici religiosi spicca la Cattedrale di San Paragorio, a tre navate e con un portico quattrocentesco. Al suo interno, oltre ad alcuni sepolcri, si trovano alcuni affreschi del trecento, una cattedra del Duecento e un crocifisso ligneo di pregevole fattura.

La Cattedrale di San Paragorio

Merita una visita anche la Cattedrale di San Pietro, del 1200, ma restaurata nel 1600. Arrivando fino alle pendici del monte, si arriva al Palazzo Vescovile, oggi un hotel con ristorante stellato, che conserva ancora affreschi e arredi d’epoca. Interessante il Museo Civico Diffuso, che comprende i due begli itinerari del “Sentiero del Pellegrino”, e l’antica “Strada Romana di Voze”.

Pescatori sulla spiaggia di Noli

Percorrendo invece la Passeggiata dei Pescatori si arriva fino al Mercato ittico di Noli. La cittadina, dal 2014, è Presidio Slow Food per i cicciarelli, i tipici pesci del golfo che si pescano ancora secondo l’antica tradizione della sciabica.

Frittura di cicciareli

Da non perdere, poi, un momento di relax sulla bella spiaggia sabbiosa che si estende da Capo Vescovado a Capo Noli, abbracciata da una piccola baia ad arco. Le acque cristalline in cui si bagna sono Bandiera Blu dal 2013. Non per niente, Noli è meta degli amanti delle attività subacquee, della vela e del windsurf.

Spiaggia dei Pescatgori

La Passeggiata Dantesca

Quando Dante arriva a Noli, nel 1306, si sta dirigendo in Francia e sta percorrendo la mulattiera che si snoda sulle alture del golfo. Oggi, è possibile percorrere la Passeggiata di Dante, un percorso segnalato che si addentra nell’entroterra, regalando scorci di rara bellezza e monumenti interessanti.

La segnaletica della Passeggiata Dantesca

Il percorso parte da via XXV Aprile, a Noli, dove si incontra la segnaletica. Si prosegue poi sul sentiero che risale il versante orientale di Caponoli e si passa accanto alle vestigia delle chiese romaniche di San Lazzaro e di Santa Margherita. Si arriva quindi sul crinale, in località Semaforo. Di qui si prende a destra e si percorre la via sterrata che si snoda lungo il crinale per circa 1,5 km. Arrivati in località Cian du Feru si svolta a destra e si sala fino a Crovi.

Lo splendido panorama sul percorso della Passeggiata Dantesca
Si raggiunge poi il bivio Terrerosse e si prende prima a destra poi a sinistra. Si prosegue fino alla segnalazione di “Sentiero ripido” e si svolta a destra attraversando il Bosco del Perasso. Si incontra poi una strada asfaltata che risale fino a Voze. Si passa dal centro storico, poi si prende l’antica mulattiera, o strada romana, che in una ventina di minuti riporta a Noli.

DOVE DORMIRE

*Hotel Palazzo Vescovile****, Piazzale Rosselli, Noli, tel. 019/7499059, www.hotelvescovado.it Hotel di charme ricavato nell’antica sede dell’arcivescovado di Noli. Si affaccia in uno degli angoli più suggestivi della costa, tra Capo Noli e il Castello di monte Ursino.*Hotel Glicine***, Piazza Garibaldi 7, Noli, tel 019/748168, www.albergoilglicine.eu Nel centro storico di Noli a soli 200 metri dalle spiagge, offre camere arredate in colori pastello con wi fi gratuito.

DOVE MANGIARE

*U bucun du preve, via Musso 16, Noli (SV), tel 019/7485289, trattoria nel centro storico con piatti della cucina ligure e particolare attenzione ai prodotti del territorio.*Da Pino, via Sartorio 4, Noli (SV), tel 348/4251148 https://pino.playrestaurant.tv/ Piatti di pesce e della cucina ligure. Buona carta dei vini.

INFO

www.comunenoli.gov.it




Abruzzo, in bici sui sentieri dei “tratturi”, tra la Piana di Navelli e lo Zafferano

Tra ottobre e novembre i panorami dell’Abruzzo si dipingono di colori caldi e avvolgenti, tutti da scoprire in questo bell’itinerario autunnale da fare in bici. Immaginate una grande pianura, sfumature di verde e giallo a perdita d’occhio e poi ecco sbucare borghi e manieri sulla Piana di Navelli. Siamo in provincia dell’Aquila, in una zona collinare a 600-700 m slm, tra i massicci del Gran Sasso e la Valle Subequana.

Primo giorno: da Navelli a Fontecchio

Tra questi territori rurali c’è tanta storia, tradizioni, natura, luoghi ideali per un weekend tra sport e arte culinaria. Percorrendo sentieri che attraversano l’altopiano di Navelli e la valle Subequana, si possono ammirare le bellezze naturalistiche, storiche, artistiche del posto. Si può provare l’esperienza della raccolta dello zafferano, che qui viene prodotto ed è il migliore al mondo per la sua qualità. Lo chiamano “oro rosso di Navelli”.

Navelli è un borgo immobilizzato nel tempo, con i suoi 500 abitanti che vivono principalmente nella parte bassa del paese. Navelli si trova in una posizione strategica: domina infatti l’altopiano fino alla Valle Tritana e alla Conca Peligna. A Navelli alta il tempo sembra essersi fermato: all’ingresso delle case ancora si possono trovare i ganci per legare le corde che tenevano gli animali.

In bici sulle orme del Medioevo e dei complessi monastici, si raggiunge Bominaco (frazione di Caporciano) che con il suo castello, iniziato a costruire nel XII secolo, e la sua torre cilindrica, oggi ancora visibile, domina l’altopiano di Navelli.

Qui nel X secolo venne fondato un monastero benedettino appartenente all’abbazia di Farfa. Di quel monastero oggi è possibile ammirare due edifici costruiti tra l’XI ed il XII secolo: la chiesa romanica di Santa Maria Assunta e l’oratorio di San Pellegrino.

Il giro, che si snoda tra strade bianche e sterrate, porta a Caporciano e, dopo aver visitato Bominaco, si prosegue fino a Fontecchio, antico borgo medievale che conserva bellezze storiche, artistiche e architettoniche che vedono la loro massima espressione nella Torre Medievale, nell’antica Fontana trecentesca, nella chiesa e nel Convento di San Francesco, dove sono presenti affreschi di scuola giottesca.

Un itinerario ideale per una bici Gravel, il fondo è misto asfalto e strade bianche. Si rientra a Navelli dopo circa 32 km con un dislivello di 800 m.

Secondo giorno: lungo i sentieri dello zafferano

Un giro ad anello porterà a vedere la raccolta dello zafferano lungo il tratturo (i tratturi sono quei percorsi che un tempo venivano utilizzati dai pastori per compiere la transumanza, per trasferire con cadenza stagionale mandrie e greggi da un pascolo all’altro).

Prata d’Ansidonia, Peltuinum, Castel Camponeschi, Tussio sono i luoghi che si incontrano. Il borgo di Tussio con la sua Torre Campanile introduce a Castel Camponeschi, un gioiello medievale d’Abruzzo, un borgo fortificato sulla piana di Prata d’Ansidonia, cittadina di epoca romana.

È nel sito archeologico di Peltuinum, antica città presa nel 302 a. C. dai Romani, che si possono conoscere le fasi della lavorazione del famoso zafferano: in primavera vengono arati i campi e concimati e ogni anno si ruotano i terreni per evitare di produrre ogni anno nello stesso appezzamento.

In luglio e agosto vengono dissotterrati i bulbi della precedente fioritura, che nel frattempo ne hanno generati di nuovi. Nella seconda quindicina di ottobre arriva la fase più attesa, quella della raccolta.

L’operazione avviene all’alba per evitare l’apertura dei fiori, che vengono raccolti singolarmente da mani esperte, nessuna forma di automazione è possibile. Lo step successivo si chiama “sfioratura”, il processo in cui viene estratto il cuore del fiore: i 3 stimmi rossi. Si rientra poi a Navelli percorrendo strade bianche, attraverso la Chiesa tratturale di S.M. di Centurelli. Totale: 35 km con 600 m di dislivello positivo.

NOTE

  1. Bici consigliata: Gravel
  2. Difficoltà: media
  3. Periodo consigliato: ottobre/novembre
  4. Ospitalità: in residenze di campagna
  5. Specialità: zafferano e legumi
  6. Provincia: L’Aquila, Paese Navelli

COME ARRIVARE

In auto: da L’Aquila prendere la SS17 in direzione di Popoli

DOVE DORMIRE

*B&B Abruzzo Segreto, via San Girolamo 3, Navelli (AQ), tel 0862/959447, www.abruzzo-segreto.it Circondato da un parco di oltre 2mila mq, questa struttura a gestione familiare dispone di quattro ampie stanze con vista sul borgo o sulla piana di Navelli. La colazione continentale viene servita nell’ampio salone. Ludoteca e biblioteca a disposizione degli ospiti.

*Agriturismo Casa Verde, Corso Umberto I, loc. Civitaretenga, Navelli (AQ), tel 0862/959163, www.casaverdesarra.it Bella struttura con quattro camere semplici e accoglienti. Ottima cucina a base di piatti tipici del territorio.

DOVE MANGIARE

*Antica Taverna di Navelli, via dell’Osteria 16, Navelli, tel 0862/959171, www.anticataverna.it Ingredienti di qualità e del territorio nel menù di piatti tipici abruzzesi. Con possibilità di menù completo a base di zafferano e tartufo a € 25 a persona, bevande escluse.

*Ristorante Pizzeria M&M, via Roma 4, Caporciano (AQ), tel 0962/93751, www.ristorantemm.com Ristorante con cucina tipica abruzzese a base di funghi, tartufo, zafferano e prodotti del territorio. Anche pizza cotta con forno a legna. Buona carta di vini locali.

INFO

“Bikelife – Live your passion” Tour Operator, tel. 085 816221,

info@bikelife.itwww.bikelife.it




Green Premium Awards. Mezzano, il borgo romantico

Mezzano è tra i comuni che ambiscono ai Green Premium Awards promosso da Weekendpremium. Cuore romantico e suggestivo della  valle di Primiero, nella provincia di Trento, Mezzano è un piccolo centro capace di incantare per la bellezza del territorio e per la sua disarmante semplicità, fatta di piccoli dettagli e segni sparsi del rurale, che hanno permesso a Mezzano di essere inserito tra i Borghi più belli d’Italia.

A Mezzano la comunità è al 100% rinnovabile. Parola di Legambiente

Questo piccolo borgo rappresenta un esempio virtuoso dal punto di vista energetico, tanto da essersi meritato, insieme agli altri comuni delle Valli di Primiero e Vanoi, il titolo di Comunità 100% Rinnovabile di Legambiente. Queste vallate dolomitiche infatti, oltre al loro ambiente di pregio e alla loro particolare vocazione energetica, puntano da diversi anni all’eccellenza sotto il profilo ambientale, collocandosi sul panorama nazionale e internazionale come località a elevata sostenibilità.

Il territorio è autonomo dal punto di vista energetico grazie alla produzione idroelettrica, che è pari a 10 volte il consumo annuo locale, mentre sono due gli impianti di teleriscaldamento a biomassa legnosa finora realizzati. Oltre a ciò le Valli di Primiero e Vanoi hanno portato avanti negli anni progetti innovativi nel campo energetico, nella riduzione del combustibile fossile, nella mobilità, nella cura del paesaggio in senso ampio. Il tutto per garantire un miglioramento nella qualità della vita degli abitanti che si traduce anche nel modo di fare turismo.

Mezzano di Primiero, dove le cataste di legna diventano arte

Nel cuore delle Dolomiti, riconosciute dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità, tutto si fonda su due risorse naturali fondamentali: acqua e legno. Proprio il legno, elemento semplice quanto prezioso, trova la sua massima valorizzazione a Mezzano, che ospita la mostra permanente “Cataste & Canzei”, un museo en plein air unico nel suo genere.

Tra le strette viuzze del paese – le canisèle – ci si imbatte in una trentina di cataste artistiche di legna, nate dalla tradizione della gente di montagna di accatastare in bell’ordine la scorta di legna per l’inverno:  la fisarmonica in tensione che pare una stella, la clessidra chiusa tra sole e luna a segnare il trascorrere del tempo, la grande parete che ricorda l’alluvione che colpì il paese nel 1966, gli uomini intenti a tagliare l’albero, la catasta instabile che cede a un coreografico crollo.

Ogni canzèl è un piccolo capolavoro di perizia e attenzione, nello spirito parsimonioso di chi abita i paesi di montagna, ma anche una vivida e cangiante tavolozza nelle calde tinte del legno che colorano le vie di Mezzano.

Mezzano da vedere

La meraviglia di Mezzano nasce dal luogo in cui sorge. A poco più di 15 chilometri da San Martino di Castrozza, è rimasta ai margini dell’esplosione del turismo di massa e conserva piccoli gioielli naturali e curiosità locali tutte da esplorare.

I dintorni di Mezzano racchiudono il fascino dell’aspra, ma allo stesso tempo dolcemente ricca, natura delle Dolomiti e l’amore che gli uomini nel tempo hanno saputo dimostrarle, con il rispetto che la montagna merita. Il miglior modo per scoprire questo ambiente eccezionale è scegliere di farlo in modo ecosostenibile: a piedi, in mountain bike o magari con una bicicletta a pedalata assistita, alimentata naturalmente da energia 100% rinnovabile.

A caccia di consigli dalla…sedia rossa!

Per avere i giusti consigli e scoprire tutti i segreti di Mezzano, tanto romantico quanto green, ci si può affidare alla curiosa sedia rossa che viene posizionata di volta in volta nei suoi angoli più suggestivi.

Se i turisti la trovano, basta che suonino la campanella appoggiata al suo sedile e una persona del paese arriva e si mette a loro disposizione per rispondere alle domande, dare informazioni, raccontare la storia del borgo, svelare curiosità e aneddoti, indicare dove poter trovare prodotti tipici e lavorazioni artigianali, dove poter dormire e mangiare, quali sentieri da percorrere per salire a malghe e rifugi…

COME ARRIVARE

In auto: A13 Bologna-Padova, uscita Padova Sud o Ovest, poi SS50 per Primiero, San Martino e Passo Rolle. A4 Torino-Trieste fino a Vicenza, poi A31 Vicenza -Valdastico con uscite Dueville, poi SS50 per Primiero. A22 Modena-Verona-Brennero con uscita Trento Sud e SS50 come sopra.

DOVE MANGIARE

 *Ristorante Lozen, loc. Lozen, tel 0439/719066, www.bblozen.it/. Annesso al B&B propone piatti trentini come polenta, luganeghe, trote, funghi, piatti stagionali, grigliate di carne e molto altro.

*Ristorante La Lontra, via Don Cosner, Mezzano (TN), tel 0439/67274, www.albergolalontra.it Nel cuore della Mezzano romantica, il ristorante propone una cucina regionale da assaporare in un ambiente familiare e intimo. Le ricette tipiche trentine sono preparate con ingredienti a km zero.

DOVE DORMIRE

*Hotel Garnì Paradisi****S, via Del Pian 25/A, Mezzano (TN), tel 0439/725389, www.hgparadisi.it  Bellissima struttura ecosostenibile con camere, suite e appartamenti con angolo cottura. Fiore all’occhiello la spa con sauna, biosauna, bagno turco, doccia emozionale, fontana di ghiaccio e angolo tisaneria.

*Hotel Salgetti***, via Roma 149, Mezzano (TN); tel 0439/67172, www.hotelsalgetti.it Bella struttura a gestione familiare. Propone attività tutto l’anno. Ristorante con menù tradizionale a disposizione degli ospiti.

INFO

www.mezzanoromantica.it




Usseaux, tra paesaggi incantati, borghi montani e sapori occitani

Paesaggi incantati, piccoli borghi antichi scolpiti nella pietra e circondati da una natura rigogliosa, fatta di boschi lussureggianti e laghi dalle acque cristalline. Una tradizione antica nei sapori e nelle tradizioni, basti pensare che in questo angolo dell’Alta Val Chisone si parla ancora il patois, una variante dell’occitano alpino, cioè l’antica lingua d’Oc che un tempo si parlava nella Francia meridionale.

Siamo a Usseaux, meta del nostro “weekend con gusto”, ma potremmo anche inserirlo nei nostri “weekend green” per la perfetta commistione di natura, gusto e cultura. Il toponimo risale al celtico uxellus, che significa “alto”, poi divenuto Occellum in latino, e citato da Giulio Cesare nel suo De Bello Gallico.

Qui per secoli si sono scontrati cattolici e valdesi, per poi trovare un accordo e vivere insieme pacificamente, fondendo tradizione e cultura, nel rispetto, tuttavia, delle rispettive peculiarità.

Usseaux, il capoluogo

Già annoverato tra i “Borghi più belli d’Italia” e insignito della “Bandiera Arancione” dal Touring Club, Usseaux comprende il Comune capoluogo e cinque splendide borgate, allocate in uno splendido paesaggio alpino. Qui il tempo sembra essersi fermato e l’economia è ancora basata sull’agricoltura, sull’allevamento e sulla produzione casearia.

Le abitazioni sono di legno, terra e pietra e nelle serate più fredde gli abitanti si radunano ancora nelle tipiche stalle con la volta a botte, trasformate in taverne, dove mangiare insieme, cantare o raccontarsi storie e aneddoti. Lungo le strade lastricate di pietre irregolari si incontrano fontane, lavatoi, antichi mulini e tracce della cultura occitana.

Cominciamo la nostra visita proprio da Usseaux, il capoluogo, assaporando i ritmi lenti di un tempo antico. Il borgo spicca per i suoi splendidi murales, circa una quarantina, che abbelliscono i muri delle abitazioni e rappresentano temi della vita contadina, ma anche personaggi fantastici o elementi della natura.

Camminando tra i vicoli stretti e le stradine pittoresche, arriviamo al forno della comunità, che ancora viene usato per cucinare il pane. Assai suggestivo anche il mulino ad acqua, ristrutturato, e il grande lavatoio. Centro della vita religiosa è la chiesa di San Pietro.

Visitiamo le altre borgate

Risaliamo in auto e ci immettiamo lungo la strada che conduce a Pian dell’Alpe in direzione di Balboutet, noto come il “paese delle meridiane”. Sui muri delle case si trovano infatti una ventina di quadranti solari. Da Piazza del Sole, invece, parte un percorso didattico sul sistema solare e sulle diverse tipologie di misurazione del tempo. Balboutet è famosa anche per l’allevamento bovino e per la sua produzione casearia. Qui incontrerete anche tantissime rondini, che amano trovare riparo nelle antiche stalle.

Seguendo il torrente Chisone arriviamo a Laux, il “borgo d’acqua”, per la sua vicinanza a uno splendido lago naturale dalle acque purissime. Tra i borghi alpini meglio conservati della valle, è anche quello in cui si sente più forte la tradizione valdese. Da vedere la chiesa parrocchiale con la sua bella meridiana e la Piazza della Preghiera.

Continuiamo il nostro itinerario lungo la strada regionale del Sestriere, sulla quale si affaccia Pourrières, celebre per la battaglia che, nel 1747 vide l’esercito dei Savoia scontrarsi con quello francese tra il vallone di Cerogne e il Colle dell’Assietta. Nel borgo meritano una menzione la chiesa e il piccolo cimitero.

Ultima tappa è Fraisse, la borgata più a monte, nota come “il borgo del legno” per la sua vocazione all’arte della falegnameria, sostenuta dai rigogliosi borghi circostanti, che forniscono la materia prima.

….continua nella seconda pagina…

Da vedere nei dintorni

Se volete prolungare l’itinerario potete arrivare fino al vicino comune di Pragelato, dove, nella frazione di Rivet, si trova il bel Museo del Costume e delle tradizioni delle genti alpine, e la Casa degli Escatons, allestito in una casa della metà del XVII secolo con una tipica architettura della Val Chisone.

Infine, arrivando fino a Fenestrelle, a circa 4 km, vale una visita il Forte (www.fortedifenestrelle.com), una sorta di “grande muraglia” considerata la più grande fortificazione alpina d’Europa.

Gli amanti della natura non possono perdersi una visita ai parchi naturali di Orsiera-Rocciavré e del Gran Bosco di Salberstrand, ricchi di flora e fauna, ma anche di sentieri attrezzati per chi ama le passeggiate.

A zonzo, con gusto

Un clima e un paesaggio unici rendono uniche anche le materie prime e la tradizione gastronomica, nella quale si ritrovano reminiscenze e sapori francesi e valdesi. Il prodotto tipico per eccellenza è il plaisentif, noto anche come “formaggio delle viole”. La sua caratteristica è quella che prevede l’impiego di latte prodotto nei primi giorni di alpeggio, particolarmente ricco delle essenze floreali. La stagionatura dura almeno ottanta giorni.

Il piatto tipico sono invece le calhiette valdesi, dalla forma tonda, a base di patate grattugiate, salsiccia o salame, lardo e cipolla. Vengono poi cotte in acqua bollente e servite con burro fuso e parmigiano.

Ottimi anche i salumi, tra cui il prosciutto cotto al forno e la mocetta. Tra i primi piatti, meritano gli gnocchi con la fonduta, oppure, come piatto unico, la polenta con selvaggina. Il tutto accompagnato dai robusti vini rossi piemontesi. E, per concludere in bellezza il pasto, guai farsi mancare le grappe aromatizzate o il genepì, il tipico liquore piemontese a base di artemisia alpina.

COME ARRIVARE

In auto: bisogna prima raggiungere Torino, poi da qui si prende la SS23 del Sestriere oppure l’autostrada per Pinerola. In treno si prende la linea Torino-Pinerolo con fermata a Pinerolo.

DOVE MANGIARE

*Trattoria La Placette, via della Chiesa 5, Usseaux (TO), tel 0121/83073, www.laplacette.it . Locale a conduzione familiare con esperienza trentennale. In un ambiente rustico e montano, con camino e soffitto a volte. Il menù propone piatti realizzati con materie prime locali di qualità. I piatti variano a seconda delle stagioni.

*Trattoria Edelweiss, via Parco Orsiera 1, fraz. Balboutet, Usseaux (TO), tel 347/0509676, https://trattoria-edelweiss.business.site/ . A gestione familiare e immerso nella natura. Propone menù stagionale con ingredienti locali e di qualità.

DOVE DORMIRE

*Albergo Lago del Laux***, via al Lago 7, Usseaux (TO), tel 0121/83944, www.hotellaux.it/. In splendida e romantica posizione, dispone di sette camere con vista sul lago, in stile montano. Doppia con colazione da € 105 a € 126. Possibilità di mezza pensione e pensione completa. Il ristorante è aperto anche a chi non pernotta.

*Le Petit Fenestrelle***, via Umberto I 41, Fenestrelle (TO), tel 0121/83460, www.lepetitfenestrelle.it Albergo diffuso con diverse sistemazioni tra camere e appartamenti, da 2 a 7 persone, con differenti ambientazioni in stile alpino. Alcune sono attrezzate con cucina e stoviglie.

INFO

www.comune.usseaux.to.it




Pietrapertosa (PZ), il borgo di pietra tra le Dolomiti lucane

Un paesaggio da fiaba, scolpito nella roccia e circondato da picchi dolomitici, torrenti, boschi, orridi e grotte naturali. Questa settimana per il nostro Weekend green abbiamo scelto Pietrapertosa, in provincia di Potenza, un gioiello storico e architettonico incastonato del Parco di Gallipoli Cognato e delle Piccole Dolomiti Lucane.

Il suo nome significa “pietra forata” e deriva dalla grande roccia “bucata” da parte a parte che si trova all’inizio del borgo. Pietrapertosa, tra i “Borghi più belli d’Italia”, si trova “sospeso” a 1088 metri di altezza, ospita appena 1000 abitante e offre uno spettacolo unico.

Ci si arriva imboccando la SP 13 dalla SS407 Basentana. Il borgo è attraversato da una strada principale, via Garibaldi, dalla quale partono stradine più piccole, che si inoltrano tra le mura di pietra. Saltano agli occhi alcuni splendidi portali delle dimore signorili, bugnati e mascheroni, come quelli che adornano Casa Zottarelli o Casa Verri.

Nel cuore del borgo

Entriamo a Pietrapertosa attraverso una roccia che funge da porta di accesso al centro abitato, che ricorda un anfiteatro abbracciato dalle rocce. Subito lo sguardo viene attratto dalle case di pietra a uno o a due piani, alcuni edifici signorili e stradine, che ci accompagnano fino alla Rabata, o Arabata, l’antico quartiere arabo, dove le case sembrano fuse con le pareti di roccia, addossate una sull’altra e collegate da stradine strette e tortuose.

Il quartiere antico è racchiuso tra i due monumenti religiosi più importanti di Pietrapertosa. Il primo che merita una visita è la chiesa madre dedicata a San Giacomo Maggiore, che sorge nella parte arta del borgo. Costruita nel XV secolo, ha subito diversi rimaneggiamenti e oggi presenta due navate, un campanile romanico e una cripta sotterranea. Al suo interno custodisce due preziose tele seicentesche di Antonio Ferro, alcuni pregiati affreschi e un organo antico.

L’altro edificio religioso degno di nota è il complesso che include la chiesa e il convento di San Francesco, fondato nel 1474. Nella chiesa si possono ammirare un coro ligneo del Trecento con scene intagliate dell’Apocalisse e, cosa curiosa, due tondi posizionati sulle spalliere dei due seggi con le effigi di Papa Bonifacio VIII e Dante Alighieri. Sugli altari laterali, invece, si possono vedere alcune interessanti opere, come l’Immacolata di Filiberto Guma del 1628 e, nel presbiterio, il polittico di Giovanni Luce da Eboli, in stile gotico.

Vale la pena, invece, salire fino ai piedi del castello normanno-svevo, di cui non rimangono che pochi ruderi, per ammirare il superbo panorama circostante, più unico che raro, composto dall’azzurro del cielo, dalle sfumature delle rocce aguzze e dai tetti delle case.

Il Volo dell’Angelo, per chi non ha paura di volare

Un’esperienza che si può fare solo qui, a Pietrapertosa, per l’unicità del paesaggio e il dislivello: è il Volo dell’Angelo, un’emozione adrenalinica da provare almeno una volta nella vita.

Si “vola” in tutta sicurezza, grazie a una robusta imbracatura e agganciati a un cavo d’acciaio, nello spazio che separa Pietrapertosa da Castelmezzano, il paese che si trova dalla parte opposta della montagna. Per qualche minuto si può provare l’emozione di volare, sospesi in una natura mozzafiato.

Si può provare l’esperienza su due dislivelli differenti, uno di 118 metri e l’altro di 130. La prima linea parte da Pietrapertosa a 1020 metri e arriva a Castelmezzano a quota 859, dopo aver percorso 1415 metri a una velocità massima di 110 km/h.

La seconda linea, invece, parte da Castelmezzano a 1019 metri e arriva a Pietrapertosa a 888 metri, con una velocità massima di 120 km/h. Si vola da maggio a novembre. (Info: www.volodellangelo.com)

A piedi lungo il “Percorso delle sette pietre”

Un’altra bella esperienza di turismo “verde” che potete fare è il Percorso delle Sette Pietre, una camminata di circa 2 km che collega Pietrapertosa a Castelmezzano ricalcando un’antica strada contadina.

Si tratta di un percorso in sette tappe che trae ispirazione dai racconti, dai miti e dalle leggende tramandate oralmente dagli abitanti del luogo, raccolte poi nel libro “Vito ballava con le streghe” (Sellerio) di Mimmo Sammartino.

Lungo il percorso, ognuna delle sette tappe: Destini, Incanto, Sortilegio, Streghe, Volo, Ballo e Delirio, viene definita da uno spazio artistico, scenografico e sonoro che evoca una delle sequenze del racconto. Il tempo di percorrenza è di circa 45/60 minuti.

Camminando sugli alberi al Lucania Outdoor Park

E, dopo aver volato con il Volo dell’Angelo, potete provare l’emozione di camminare letteralmente tra gli alberi. All’interno del Parco di Gallipoli Cognato e Piccole Dolomiti Lucane, infatti, in località Acqua Furr, nel Comune di Cirigliano, che si raggiunge in circa mezzora da Pietrapertosa percorrendo la Strada Provinciale di Pietrapertosa e poi la SP277, si trova il Lucania Outdoor Park

Immerso nel bosco, questo divertente e adrenalinico parco avventura propone percorsi sospesi per grandi e piccoli. Si può semplicemente camminare tra gli alberi sulle pedane sospese, oppure mettersi alla prova nei percorsi acrobatici con le corde, ma anche praticare tiro con l’arco o scatenarsi lungo il percorso pensato per le mountain bike. Info: www.lucaniaoutdoorpark.it

COME ARRIVARE

In auto: da Potenza prendere la SS407 Basentana, uscire ad Albano-Castelmezzano e continuare per Pietrapertosa. Da Napoli, A3 Salerno-Reggio Calabria fino allo svincolo per Sicignano, poi prendere la direzione per Potenza. Seguire la SS407 Basentana, uscire ad ad Albano-Castelmezzano e continuare per Pietrapertosa. Da Melfi, prendere la SS93 fino alla SS407 Basentana, seguire per Metaponto fino all’uscita Albano Castelmezzano o Pietrapertosa. Da Bari, seguire le indicazioni per Matera, poi prendere la SS407 Basentana verso Potenza, quindi come sopra.

DOVE DORMIRE

*Le Costellazioni – Albergo Diffuso, Vico 1, Nazionale 12, Pietrapertosa (PZ), tel 0971/1746836, www.lecostellazionilucane.it Sei appartamenti di diverse metrature da 2 a 6 persone, dislocati nel cuore del borgo per andare alla scoperta della sua storia e delle sue bellezze naturali. Da 70 a 110 euro a notte a seconda della grandezza.

*Agriturismo Sapori del Parco, Contrada Battaglia, Pietrapertosa (PZ), tel 0971/983006, http://agriturismotaddeo.blogspot.com/ . Immersa nel verde, dispone di 23 posti letto e di un ristorante da 100 coperti. Possibilità di acquistare i prodotti tipici locali. Area verde con giochi per bambini.

DOVE MANGIARE

*La Locanda di Pietra, via Garibaldi 58, Pietrapertosa (PZ), tel 0971/983181. Locale rustico con menù di cucina tipica lucana tra cui maialino nero, agnello delle Dolomiti con timo e funghi e costata di Podolica alla brace.

*Ristorante Le Rocce, via Garibaldi 109, tel 0971/983260, locale caratteristico con travi a vista e pareti in pietre. Il menù offre piatti della cucina lucana, tra cui cavatelli, peperoni cruschi e carne alla griglia.

INFO

www.comune.pietrapertosa.pz.itwww.basilicataturistica.it/territori/pietrapertosa/




Bobbio (PC) è il “borgo dei borghi”

Non è solo uno dei “borghi più belli d’Italia”, ma, dallo scorso 20 ottobre, Bobbio è anche il Borgo dei Borghi. Ha conquistato infatti la prima posizione del talent di Rai Tre “Il borgo dei borghi”, sbaragliando 60 candidati, poi rimasti in venti “finalisti”. Una ragione in più per sceglierlo per il nostro weekend con gusto.

L’incoronazione di Bobbio a “Borgo dei borghi” è avvenuta nell’ambito della puntata finale, condotta da Camila Raznovich, Philippe Daverio, Mario Tozzi e Margherita Granbassi, il cui voto “di qualità” pesava per il 50%, mentre il restante 50% era in mano alla giuria popolare.

In finale sono arrivati i borghi di Palazzolo Acreide, in provincia di Siracusa (Sicilia) piazzatosi al secondo posto, al terzo Rotondella, in provincia di Matera (Basilicata), in quarta posizione Laigueglia, nel savonese (Liguria).

Bobbio, una bellezza antica che conquista

A conquistare le due giurie sono stati i diversi aspetti che si concentrano in questo piccolo borgo di appena 3500 abitanti che sorge sul fiume Trebbia, al confine con tre regioni, Emilia, Liguria e Toscana, dalle quali, nel corso dei secoli, ha assorbito la storia, la cultura e le tradizioni fino a trasformarle in un unico affascinante mix.

Bellezze artistiche, paesaggistiche, cultura, architettura, storia ed enogastronomia hanno conquistato il cuore dei giurati, affascinati dai suoi vicoli di ciottoli, le strade su cui si affacciano antichi portici, e poi ponti, conventi, chiese che riassumono l’eredità romana, longobarda e carolingia. Tracce di un primo nucleo abitativo sul Trebbia si hanno infatti fin dal Neolitico, ma è nel 14 a.C, in epoca romana, che nasce l’antica Bobium.

A Bobbio il Medioevo è di casa

A lasciare un segno indelebile a Bobbio è il monaco irlandese Colombano, che nel 614 fonda qui un monumentale monastero, tra i più grandi e importanti d’Italia, e non solo, con un complesso che include, tra gli altri edifici, una basilica affiancata dal porticato che la collega all’abbazia, oggi sede del Museo dell’Abbazia e dello scriptorium.

Un altro simbolo di Bobbio è il suo ponte romanico, noto come Ponte del Diavolo o Gobbo, per il suo profilo arcuato e le sue undici arcate, l’una diversa dall’altra, che si susseguono lungo i 280 metri del monumento.

Suggestivo il centro storico, con le sue strade di ciottoli, dove valgono una visita Piazza San Francesco, il Monastero di San Francesco, in stile francescano rustico del XIII secolo con un chiostro del XV e la chiesa ricostruita in stile barocco nei primi anni del Settecento. Splendida anche la chiesa della Madonna dell’Aiuto del 1621.

Assai significativo anche il Castello Malaspina, fatto costruire nel 1503 da Corradino Malaspina. Una volta passato alla famiglia Visconti divenne poi sede del Podestà per poi passare ancora una volta di mano alla famiglia Dal Verme. Dal 1956 è proprietà dello Stato e, ancora oggi, si presenta in tutta la sua imponenza. Da non perdere il magnifico panorama sul borgo e sulle montagne che si ammira dal cortile interno.

Bobbio, un borgo “da film” per tutte le stagioni

Bobbio ha dato i natali al regista Marco Bellocchio, che ogni anno organizza qui un rinomato Festival del Cinema, attirando intellettuali, curiosi, appassionati e semplici turisti che contribuiscono a mantenere vitale questo piccolo gioiello della Valtrebbia.

Non dimentichiamo, poi, le bellezze paesaggistiche, con un fiume, il Trebbia, in gran parte balneabile, colline verdi su cui nascono le viti di Nebbiolo e Dolcetto e gli scorci del Monte Penice, che ogni anno, nel periodo estivo attraggono migliaia di turisti.

Nel periodo invernale, invece, si popola di sciatori e amanti degli sport sulla neve grazie alle due piste e al campo scuola servita da una manovia e da uno skilift.

Il Borgo dei Borghi in tavola

Bobbio è una delle mete gourmet più interessanti d’Italia per la gustosa commistione di prelibatezze della gastronomia piacentina, come i deliziosi salumi, tra cui coppa, salame e ciccioli e influenze di Liguria e Toscana.

Tra i primi piatti spiccano gli anolini all’uovo, i pisarei e fasò, il riso alla zucca, la bomba di riso, i tortelli ripieni e i tipici maccheroni alla bobbiese, con sugo di funghi o di stracotto, che sa solo spopola anche tra i secondi, insieme alla selvaggina e alle grigliate. Un tipico piatto autunnale sono poi le lumache “alla bobbiese”. Tra i dolci, tipico e il croccante di mandorle e zucchero.

Maccheroni alla bobbiese

La particolarità di questo piatto è che i maccheroni sono realizzati servendosi di un ferro da calza.

Ingredienti

Per la pasta

  • 500 gr di semola di grano duro
  • 500 gr di farina 00
  • 4 uova intere
  • Olio extravergine di oliva q.b.
  • Un pizzico di sale
  • Acqua q.b.

Per il sugo

  • 150 gr di macinato di maiale
  • 150 gr di macinato di manzo
  • 150 gr di macinato di pollo
  • 1 bottiglia di passata di pomodoro
  • 1 cucchiaio di concentrato di pomodoro
  • 50 gr di funghi porcini secchi
  • 1 bicchiere di vino rosso
  • 1 cipolla, 1 carota, 1 gambo di sedano, 1 spicchio di aglio
  • Prezzemolo q.b
  • Sale e pepe
  • Parmigiano grattugiato

Setacciate le farine e disponetele a fontana su un tagliere, poi rompete al centro le uova, aggiungete un pizzico di sale, un filo di olio e un po’ d’acqua e impastate per bene. Lasciate riposare la pasta per circa 30 minuti, poi, se volete seguire il metodo tradizionale, ricavate delle strisce rotonde e tagliatele a dadini. Prendetene due alla volta e avvolgetele alle estremità del ferro da calza. Con il palmo della pano allungatele fino a ottenere i maccheroni, lunghi circa 10 cm. Poi sfilateli e disponeteli ad asciugare.

Nel frattempo, preparate il ragù. Tritate la cipolla, il sedano e la carota e fate rosolare in un cucchiaio di olio d’oliva insieme allo spicchio d’aglio che poi eliminerete. Mettete poi a rosolare i tre tipi di macinato e sfumate con in vino. Aggiungete poi la passata di pomodoro, il concentrato, il sale e il pepe. Lasciate cuocere per circa un’ora. A metà cottura unite anche i funghi porcini. Cuocete i maccheroni in abbondante acqua salata, scolateli. Serviteli con il sugo e una spolverata di Parmigiano grattugiato e prezzemolo tritato.

COME ARRIVARE

In auto: da Nord e da Est, A1 con uscita Piacenza Nord; da Sud A21 con uscita Piacenza Sud, da Ovest A21 con uscita Piacenza Ovest. Seguire per Piacenza e, arrivati qui, proseguire lungo la tangenziale seguendo le indicazioni per Bobbio imboccando la SS45.

DOVE MANGIARE

*Ristorante Enoteca San Nicola, via San Nicola 11, ang. Contrada dell’Ospedale, Contrada San Nicola, Bobbio (PC); tel 0523/932355, www.ristorantesannicola.it Nel centro del borgo, è ricavato in un convento del Seicento. Nel menù ricette tradizionali, alcune con accostamenti ricercati. Ampia scelta di vini.

*Osteria Braceria Il Barone, Contrada di Porta Nova 11, Bobbio (PC), tel 0523/932093, www.osteriailbarone.it Locale accogliente con un menù di piatti realizzati con prodotti di stagione e materie prime di qualità. Ottimi i salumi. Tra i primi piatti ci sono zuppe, minestre, pasta artigianale anche ripiene, mentre tra i secondi di carne ci sono stufato, arrosti, stracotti e grigliate.

DOVE DORMIRE

*B&B Il Viandante, Loc. Bargo 5, Bobbio (PC), tel 370/3529467, www.bbilviandante.it In posizione panoramica, a soli 7 minuti a piedi dal centro storico. Le camere si affacciano sul bosco, si può scegliere quelle con bagno privato o in comune. La colazione è servita nell’ampio salone ed è a base di torte e marmellate fatte in casa. Doppia con colazione da € 60.

*Albergo Ristorante Il Giardino, Piazza San Francesco 12, Bobbio (PC); tel 0523/936247, www.albergobargiardino.it Nel centro del paese con splendida vista sul borgo, dispone di 15 camere spaziose e tranquille. A disposizione ristorante con cucina tradizionale e bar con aperitivi e drink. Doppia da € 75.

INFO

www.comune.bobbio.pc.it




Sovana (GR). Il capoluogo della Contea Aldobrandesca e le sepolture di Ildebranda e della Sirena

Dopo avervi fatto scoprire i luoghi più “segreti” di Liguria e Veneto, questa settimana vi portiamo in Toscana, una regione che non solo ospita una delle città d’arte più visitate al mondo, Firenze, ma abbraccia piccoli borghi che custodiscono segreti etruschi e romani, atmosfere medievali e rinascimentali, paesaggi da favola, aree archeologiche con reperti unici al mondo. Dalla rocca del Brunelleschi alla Torre che ispirò Puccini, dal villaggio di Elisa Bonaparte a capolavori nascosti di Ghirlandaio e Pontormo, fino a borghi la cui piazza è una vasca termale amata dal Magnifico. Cominciamo con Sovana, borgo della Maremma dalle ricche testimonianze storiche.

Sovana, il borgo di tufo, tra gli Etruschi e il Medioevo

Di Benedetta Rutigliano

Un tuffo nel Medioevo ma anche nella civiltà etrusca in un solo luogo: Sovana, parte del territorio di Sorano, in provincia di Grosseto, è considerato uno dei “borghi più belli d’Italia”, ma nonostante ciò non è ancora abbastanza noto per il suo patrimonio.

Situato su uno sperone tufaceo nella verdeggiante Maremma, Sovana conserva tuttora l’aspetto medievale. Il nome originario Suana fu dato dai Romani dopo la loro conquista del territorio di Vulci nel 278 a. C., e deriva dall’etrusco “suf” che significa “terra verde“.

Il primo centro abitato risale all’età del bronzo, poi nel VII secolo a.C. divenne una fiorente città etrusca. Nel IV secolo d.C. fu sede vescovile e nel 935 capoluogo della Contea Aldobrandesca. È ancora visibile la Rocca duecentesca residenza degli Aldobrandeschi, costruita intorno all’XI secolo.

Il borgo antico, città natale di Ildebrando di Sovana (divenuto nel 1073 Papa Gregorio VII) si caratterizza per la prevalenza di testimonianze medievali, quindi la piazza con i palazzi Pretorio, dell’Archivio, Bourbon del Monte, la chiesa di Santa Maria, la chiesa di San Mamiliano e il Duomo.

L’area sottostante, invece, è testimone della civiltà etrusca, con le architetture rupestri, le vie cave scavate nella roccia, le necropoli con tipologie differenti di sepolture, tra cui ricordiamo la monumentale Tomba Ildebranda del III sec. a.C e la Tomba della Sirena.

COME ARRIVARE

In auto: da Nord, A12 in direzione sud, poi proseguire sulla SS1 Aurelia fino ad Albinia, seguire poi le indicazioni per Manciano-Sovana. Da Firenze o Roma: A1 con uscita Chianciano Terme. Poi seguire indicazione per San Casciano dei Bagni e Sovana. Da Grosseto, seguire indicazioni per Terme di Saturnia, poi per Sovana.

DOVE MANGIARE

*EeehGià Bistro, via del Duomo 4/6, Sovana (GR), tel 0564/616927. Unisce i sapori della cucina locale a quelli di altre regioni italiane, con pasta e dolci fatti in casa, libri e giochi di società a disposizione degli ospiti.

*Agriturismo San Giacomo, loc. Poggio dell’Olivo, Sovana (GR), tel 347/4060539, www.agriturismosangiacomo.it. Immerso nella campagna, propone una cucina dai gusti genuini e dai sapori pieni.

 DOVE DORMIRE

* Sovana Hotel & Resort ****, via del Duomo 66, Sovana (GR), tel 0564/61703, www.sovanahotel.it. Elegante e intimo con pregiati pezzi d’antiquariato e un’esposizione permanente d’arte contemporanea, l’hotel è dotato anche di un parco da cui ammirare le rovine di Sovana nel periodo etrusco*Agriturismo San Giacomo, loc. Poggio dell’Olivo, Sovana (GR), tel 347/4060539, www.agriturismosangiacomo.it. Cura, semplicità, tradizione, caratterizzano gli appartamenti di questo agriturismo, immersi nel giardino con piscina

INFO

www.comune.sorano.gr.it




A Peccioli (PI) l’arte nasce dalla…discarica

È Bandiera Arancione del Touring, ha un centro storico da cartolina, immerso nell’ambiente di rara bellezza della campagna toscana, tra Pisa e Pontedera, poco lontano da Volterra. In più, è la culla di artisti di ieri e di oggi, con quattro musei nazionali, gioielli dell’arte quattrocentesca e punto di riferimento dell’arte contemporanea, oltre che di attori, artisti e musicisti. Senza dimenticare il ricco patrimonio archeologico.

Questa settimana per il nostro Weekend Green abbiamo scelto Peccioli, in provincia di Pisa, non solo per la sua vocazione rurale, ma anche e soprattutto per una peculiarità che la rende unica: la sua avveniristica discarica.

Un borgo e la sua…discarica

Sì, avete capito bene, proprio una discarica, che si trova nella frazione di Legoli, un impianto di smaltimento e trattamento dei rifiuti avveniristico, che in dieci anni ha prodotto utili per 25 milioni di euro, investiti in energia pulita, in una centrale fotovoltaica, ma anche in progetti solidali, asili, scuole, musei, piste ciclabili, impianti sportivi e centri polivalenti e persino in un’Accademia musicale.

La discarica stessa, che viene chiamata Triangolo Verde, è sede di un anfiteatro dove si tengono concerti di musica classica, sfilate di moda ed eventi sportivi. Tra le colline nate dai rifiuti compattati, poi, spuntano gigantesche sculture. Il vicino centro congressi, invece, ha ospitato e ospita convegni e lezioni di uomini di cultura, scienza, teologia e persino Premi Nobel. Il “modello Peccioli”, infatti, ha attirato l’attenzione da parte di studiosi e università di tutto il mondo.

La vocazione “verde” della discarica, nata nel 1997, non si ferma. Negli ultimi anni, è stata dotata di un impianto di trattamento meccanico biologico per estrarre materiali riciclabili dai rifiuti indifferenziati e di un impianto di cogenerazione per la produzione di energia derivante dal biogas. Nel futuro prossimo, poi, sorgerà anche un impianto di compostaggio per la produzione di biometano, derivante dai rifiuti “umidi”.

L’arte in discarica

Infine, particolare non di poca importanza, quella di Peccioli è una “bella” discarica. Nel 2016 il noto vignettista toscano Sergio Staino ha decorato con un colorato e allegro affresco fatto di personaggi buffi e teneri una serie di dieci pannelli che formano un’opera di cento metri che decora le pareti esterne che proteggono dal vento l’impianto di Trattamento meccanico biologico, impedendo agli odori di disperdersi nei dintorni.

E, siccome l’arte chiama l’arte, nel 2017 si è unito anche David Tremlett, inglese, considerato tra i maestri della neo avanguardia, famoso per i suoi wall drawing¸ che ha decorato con le sue caratteristiche forme geometriche colorate un muro di contenimento.

Il borgo antico, nel cuore di Peccioli

Anche il centro storico di Peccioli è tutto da scoprire, tra eccellenze storiche, culturali e artistiche, immerse nello splendido paesaggio delle colline toscane.

Possiamo cominciare la visita da Piazza del Popolo, fiancheggiata da una parte da uno splendido loggiato mentre, sull’altra, si affacciano il Municipio, la Chiesa di San Verano con il suo campanile ottocentesco, simbolo del paese. La vocazione artistica si nota dalla riproduzione di particolari degli affreschi quattrocenteschi di Benozzo Gozzoli sulle pareti della chiesa e su altri edifici.

Merita una sosta il Palazzo Pretorio, con la sua facciata decorata da 19 stemmi di potenti famiglie locale e dei podestà che si sono alternati della gestione della cittadina. Appena entrati, salta subito all’occhio una bicicletta da corsa, appartenuta al campione di ciclismo Giuseppe Sabatini, originario di Peccioli, scomparso a 36 anni nel 1951, a cui è dedicata la Coppa Sabatini.

Nel Palazzo Pretorio si trovano alcuni interessanti musei, come il Museo delle icone russe, una raccolta di 200 icone, la più antica risalente al Settecento, nata da un primo nucleo, frutto della passione del giornalista Francesco Bigazzi, e poi cresciuta grazie alle acquisizioni della società Belvedere.

Nel palazzo si trova anche la Collezione Incisioni e Litografie -Donazione Vito Merlini, che include 279 fogli di grandi artisti contemporanei tra serigrafie, xilografie, incisioni e litografie. Tra i nomi: Fattori, Guttuso, De Chirico, Mirò, Dalì, Sassu e Baj.

I tesori di arte antica tra chiese e archeologia

Vere e propri scrigni di tesori sono le chiese di Peccioli, che custodiscono al loro interno capolavori di arte antica. Assolutamente da visitare la trecentesca chiesa di San Verano di Cavaillon, patrono del borgo. Secondo la leggenda, il vescovo francese, diretto a Roma, si fermò a Peccioli e, in quell’occasione, fermò la pestilenza. La chiesa custodisce una sua reliquia, ma anche alcune tele seicentesche di Jacopo Vignali e una Madonna con Bambino di Neri Bicci.

Nella cappella dell’Assunta, interna alla chiesa, si trova il bel Museo d’arte sacra, il cui “pezzo forte” è la Madonna con Bambino, di Enrico Tedice (prima metà del XIII secolo), dalla fama miracolosa. Il museo custodisce anche opere di oreficeria sacra, paramenti e un prezioso crocifisso ligneo databile tra il IV e il XIV secolo.

Uscendo dal borgo si incontra poi la Chiesa della Madonna del Carmine, del 1642, circondata da un armonico portico su tre lati. La chiesa è stata restaurata nel 1850 in seguito a un terremoto.

Accanto alla chiesa si trova l’interessante Museo Archeologico, dove si possono ammirare gli oggetti di derivazione etrusca ritrovati nel sito archeologico del Podere Ortaglia, in località Le Serre, a 2 km da Peccioli, tra cui oggetti votivi, un telaio e altri oggetti femminili.

Dagli scavi di Santa Mustiola a Ghizzano, altra frazione di Peccioli, arriva invece il corredo funerario di una giovane donna deceduta nella prima metà del Trecento in seguito all’epidemia di peste descritta nel Decameron di Boccaccio.

Il pezzo forte del museo, tuttavia, è una kylix (una coppa da vino) attica a figure rosse, attribuita al celebre pittore greco Makron, vissuto ad Atene tra il 490 e il 480 a.C.

Un museo a cielo aperto di arte contemporanea

Non solo arte antica, Peccioli è un vero e proprio museo a cielo aperto, con decine di installazioni e sculture open air. Come quella realizzata sotto la facciata della chiesa di San Verano nel 2017 dallo scultore Vittorio Corsini, composta dalle fotografie degli occhi degli abitanti di Peccioli, riprodotte su pannelli rettangolari che ricoprono il muro che sostiene il terrazzamento della chiesa.

Sempre di Corsini è anche il percorso artistico letterario “Voci” formato da sei installazioni realizzati nel 2018 in altrettanti luoghi religiosi: il campanile della Chiesa di San Verano, nella Madonna del Carmine, nelle chiese di San Giorgio nella frazione di Cedri, nella cappella dei SS. Rocco e Sebastiano a Fabbrica e dell’oratorio della SS Annunziata a Ghizzano, accompagnate dalla lettura di brani scritti da sei autori per l’occasione.

COME ARRIVARE

In auto: da Milano, autostrada A1 in direzione La Spezia-Parma Ovest. Continuare sulla A15 in direzione Genova-Livorno, poi proseguire sull’A12, uscire a Pisa e continuare sulla Firenze-Pisa-Livorno. A Cascina seguire per Firenze, uscire a Pontedera-Ponsacco, superare Ponsacco e continuare sulla SS439 seguendo le indicazioni per Peccioli. Da Genova, Pisa e Livorno, prendere la Firenze-Pisa-Livorno in direzione Firenze, uscire a Pontedera e seguire per Peccioli. Da Sud: A1 in direzione Firenze, uscire a Firenze Scandicci e continuare sulla Firenze-Pisa-Livorno. Uscire a Pontedera, attraversare Treggiaia e seguire indicazioni per Peccioli.

DOVE MANGIARE

*Congusto Social Eating, via Boccioni 13, Peccioli (PI), tel 334/1198947, www.congustoristorante.com. Non un semplice ristorante, ma un progetto etico e sociale, con ingredienti a km zero, stagionali, tracciabili, con attenzione alle persone che lavorano. E, in tavola, le specialità della cucina toscana.

*La Locanda degli Artisti, via degli Artisti 16-18, Loc. Casanova, Terricciola (PI), tel 370/1238438, https://lalocandadegliartisti.jimdo.com/ Splendida atmosfera in questo locale ricavato in un antico casolare in un suggestivo borgo medievale. Il menù propone pizza con farina di grani antichi cotta in forno a legna e specialità della cucina contadina con ingredienti del territorio.

DOVE DORMIRE

*Hotel Portavaldera***, via De Chirico 6, Peccioli (PI), tel 0587/672102, www.hotelportavaldera.com Struttura moderna con vista sulla campagna, a poca distanza dall’Anfiteatro Fonte Mazzola e dal Tempio di Minerva Medica. Le camere sono arredate in stile minimal e provviste di TV, wi fi e minibar. Doppia da € 60.

*Pratello Country Resort***, via Libbiano Legoli 70, Peccioli (PI); tel 0587/630024, www.pratello.it . Hotel di lusso ricavato in una tenuta di caccia del XVII secolo. Le camere e le suite sono arredate in stile toscano con arredi d’epoca con vista sulla campagna. Dispongono di wifi, TV a schermo piatto e minibar. Nelle suite angolo relax e jacuzzi. A disposizione piscina, ristorante, campi da tennis e noleggio biciclette. Doppia da € 130 colazione e parcheggio inclusi.

INFO

www.comune.peccioli.gov.itwww.visittuscany.com/it/localita/peccioli/